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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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mercoledì 31 maggio 2017

TOTTI IN FABBRICA di Lorenzo Mortara





TOTTI IN FABBRICA
di Lorenzo Mortara



La lotta di classe e sindacale assomiglia molto al calcio. Il calcio è fonte di ispirazione continua per ogni sindacalista che si rispetti. È la sua metafora preferita e il termine di paragone più utilizzato. Per questo io non voterei mai un sindacalista che sa tutto del Contratto, ma non conosce a memoria la collezione completa dell’almanacco illustrato del calcio, quello della Panini, almeno dal 1968 a oggi. Un sindacalista che non abbia paura di cominciare la battaglia per l’aumento senza più il suo Totti al suo fianco, è un sindacalista che non vale una cicca. Per questo oggi ci vorrebbe un lavoratore particolare, per esempio un Bettio, un talento di fabbrica rubato al pallone, anche lui a breve all’addio, che oltre a raccontare le sue solite menate sulla reazione che ormai so a memoria, mi ridesse sorriso, spirito e morale, chiedendomi a bruciapelo così: «Lorenzo, quanti giorni di permesso ho per eventi e cause particolari come l’addio di Totti, ma soprattutto a che minuto ha segnato Selvaggi nel derby del 1982?».

Era giusto quando mio padre, in una soleggiata domenica d’aprile, con la radio e l’aspirapolvere accesi, sul 2-0 per i gobbi, si era imprudentemente messo a lavare la macchina nel cortile, e mentre l’aspirapolvere cominciava a ingolfarsi, il tempo a rallentare fino quasi a fermarsi, il volume della radio ad affievolirsi ad affievolirsi fino al momento critico in cui anche il ronzare degli aeroplani si ruppe di colpo, e irruppe al suo posto, da non si sa dove, una delle più fragorose, immacolate esternazioni che si siano mai innalzate per un derby della Mole. Quel fulmine rabbuiò come un temporale tutto il caseggiato. Fu in quel preciso momento che tutto il quartiere, metà con odio, rabbia e tristezza, metà con odio, gaudio e tripudio, seppe con la chiarezza del Signore, che quel giorno, cominciato apparentemente così bene, finiva in rovina con le zebre abbattute e ribaltate per 3-2.

Nel cortile ammutolito, la macchina ferma, l’aspirapolvere morto, il fango riattaccato, mio padre atterrito fermo immobile come una statua nell’orizzonte infuocato, a un bimbo già rosso e un po’ strano come un Malpelo, per un momento parve di sentire da molto lontano ma vicino al cuore, i primi palleggi di un altro bimbo suo coetaneo. Poi la voce della radio ricominciò molto timidamente a fiatare. Era Ciotti, serafico, dall’Olimpico che ricordava minuto e punteggio e che la ventilazione, in attesa dell’esplosione di quel piccolo talento, continuava ad essere inapprezzabile.

Lorenzo Mortara 
RSU FIOM YKK 
Il sindacato è un’altra cosa 
Stazione dei Celti 
Martedì 30 Maggio 2017 

PS – Non era Selvaggi, non era il 1982, non era Aprile e forse non era neppure finita 3-2. Non ha importanza, sono un sindacalista in formazione. Voglio il mio Contratto e un almanacco della Panini tutto per Totti. Perché Totti non solo era solo speciale, Totti era proprio come noi, era tutta un’altra cosa. Come il Bettio. E anche lui avrà il suo almanacco speciale...

Al termine della partita contro il Genoa, ultimo incontro giocato con la maglia della Roma, Francesco Totti ha letto il suo messaggio di saluto al microfono in mezzo allo stadio Olimpico. Ecco il testo integrale. 



"Ho scritto, abbiamo scritto una lettera per voi, non so se riuscirò a leggerla, ci provo - dice visibilmente commosso -. Se non la finisco la finirà mia figlia Chanel che non vede l'ora di leggerla. Grazie Roma, grazie mamma e papà, grazie a mio fratello, ai miei parenti, ai miei amici, a mia moglie e ai miei tre figli. Ho voluto iniziare dai saluti perché non so se ruscirò a leggere queste poche righe. E' impossibile raccontare 28 anni di storia in poche frasi. Mi piacerebbe farlo con canzoni o poesie.
Sapete qual'era il mio giocattolo preferito? Il pallone, e lo è ancora ma a un certo punto della vita si diventa grandi. Così mi hanno detto e il tempo ha deciso. Maledetto tempo... E' lo stesso tempo che il 17 giugno 2001 (giorno dello scudetto della Roma, ndr) avremmo voluto passasse in fretta. Non vedevamo l'ora di sentire l'arbitro fischiare tre volte. Oggi questo tempo mi ha bussato sulle spalle e mi ha detto 'domani sarai grande', levati gli scarpini perché da oggi sei un uomo e non potrai sentire l'odore dell'erba così da vicino, il sole in faccia, l'adrenalina che ti consuma e la soddisfazione di esultare -prosegue Totti-. Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Avete presente quando siete bambini, state sognando qualcosa di bello e vostra madre vi sveglia per andare a scuola? Mentre voi volete continuare a dormire e provate a riprendere il filo di quella storia e non ci si riesce mai? Stavolta non era un sogno, ma la realtà. Voglio dedicare questa lettera a tutti voi, ai bambini che hanno tifato per me, e a quelli che oggi sono diventati padri e gridano ancora 'Totti gol'. Mi piace pensare che la mia carriera sia per voi una favola da raccontare.

Mi levo la maglia per l'ultima volta, la piego per bene anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi se in questo periodo non ho chiarito i miei pensieri ma spegnere la luce non è facile, adesso ho paura, non è la stessa cosa che si prova davanti alla porta. Concedetemi un po' di paura, stavolta sono io ad aver bisogno di voi e del vostro calore, quello che mi avete sempre dimostrato. Solo con il vostro affetto riuscirò a buttarmi in una nuova avventura. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno lavorato accanto a me in questi anni, i tifosi, la Curva Sud, un riferimento per noi romani e romanisti. Nascere romani e romanisti è un privilegio, fare il capitano di questa squadra è stato un onore, siete e sarete sempre nella mia vita. Smetterò di emozionarvi con i piedi ma il mio cuore sarà sempre con voi. Ora scendo le scale, entro nello spogliatoio che mi ha accolto che ero un bambino e lascio adesso che sono un uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato 28 anni di amore, vi amo!".


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