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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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domenica 18 dicembre 2016

AMAZON A VERCELLI di Lorenzo Mortara






AMAZON A VERCELLI
di Lorenzo Mortara



Arriva il polo logistico di Amazon nella vecchia Stazione dei Celti, e porta con sé, in dote, 600 posti di lavoro. Dagli strilli entusiastici di giornali e giunta comunale a guida piddina, sembra che il polo logistico sia già stato trasformato nella dimora di Santa Claus in persona. 400 posti devono essere rimasti però in Lapponia, almeno stando alla Lista Civica Siamo Vercelli che, volendo essere la prima ad accaparrarsi il merito di tanta filantropia mondiale, di primo acchito aveva sparato la cifra di 1000 posti.

Se i sensali dei padroni esultano felici, è perché non saranno mai loro a fare i facchini precari per Amazon. Chi si vanta di portare lavoro, lo fa sempre per gli altri, perché se dovesse farlo lui, si metterebbe subito in mutua. In ogni caso Amazon porta 600 posti di lavoro per i giornalisti, per i politici e per altri pressappochisti borghesi come loro. Per noi, quello che in realtà Amazon porta, è un libero scambio tra Capitale e Forza-Lavoro. Se tutto questo viene chiamato 600 posti di lavoro dalla sindachessa Maura Forte come dai suoi falsi oppositori, significa solo che mentre può esistere la forza-lavoro senza il Capitale, il Capitale non potrà mai esistere senza forza-lavoro. Dovunque vada il Capitale, mai potrà farlo da solo, dovrà sempre portarsi dietro, in valigia, la catena di montaggio dei “posti di lavoro” per gli schiavi salariati che non ne possono fare a meno.

Siccome, però, Amazon è il Capitale, non c’è bisogno di portarlo a Vercelli. Bisogna essere pomposamente liberali, mediocri di natura per sforzarsi di portare a Vercelli una cosa che c’è già. La Seconda Repubblica, ancor più della Prima, è in effetti questa pletora di fenomeni da baraccone che pretendono di convincerci di essere dei geni per l’insistenza con cui spingono l’acqua al mare. Così, mentre portano avanti con cura certosina questo sforzo demenziale, la crisi resta al punto di partenza e la loro politica da idraulici della domenica viene premiata dal fallimento più totale. Buon per loro che non vedendo più in là del loro naso, miopi di cervello come sono, scambiano questo disastro per un successo clamoroso.  

 Amazon è il Capitale ma il Capitale non è solo Amazon. Per un Amazon che arriva ce ne sono dieci che se ne vanno. Quello che è stato portato a Vercelli, è il normale ciclo del Capitale, fatto di investimenti, profitti e infine dismissioni. Calcolare i posti di lavoro solo quando il Capitale arriva, senza contare quelli che si perdono quando se ne va (se ne sono andate la TMI e la Smurfit, stanno per andarsene un pezzo di Cerutti, di Gammastamp, di Italcardano, eccetera) significa fare male i conti, in maniera non del tutto disinteressata. Il saldo, che già non hai mai brillato tanto in tempi di vacche grasse, è addirittura in forte disavanzo nei tempi interminabili dell’attuale crisi. Il capitalismo è entrato nella sua era brezneviana, non sviluppa più niente e restringe tutti i suoi spazi. Non c’è scritto da nessuna parte che non possa più riprendersi, ma al momento non ci sono dati che possano farlo supporre per i prossimi vent’anni. Bisognerebbe, quindi, domandarsi se non abbia fatto il suo tempo, se non sia ora di mandarlo al macero della Storia per sostituirlo con l’unica soluzione possibile: il socialismo. I luminari borghesi non hanno tempo per simili ubbie, tanto più dopo la fine della Storia decretata nel 1989-91, perciò ci propinano la grande novità degli ultimi trent’anni: portare il Capitale per risolvere i disastri irrisolvibili provocati dal Capitale. Peccato che, di veramente nuovo, questa ricetta non abbia nulla, visto che è il programma del Capitale da quando è nato. In termini pratici, significa non aver capito niente del problema. Ma ai servi del Capitale non interessa risolvere il problema, interessa appunto strisciare ai piedi del problema.

Il Capitale non crea lavoro, crea semplicemente sé stesso, scambiandosi con la forza-lavoro. Se il Capitale creasse lavoro, la disoccupazione non sarebbe nata col Capitale. È da oltre 200 anni che i capitalisti creano lavoro e non siamo mai stati tanto disoccupati. Prima che arrivassero questi creativi del lavoro purché sempre altrui, nessuno ha mai saputo cosa fosse la disoccupazione. Per questo, non si può attirare il Capitale per uscire dalla crisi, perché vuol dire attirare la crisi medesima e avvitarla pure su sé stessa. A maggior ragione, chi pensa, a Vercelli, di attirare il Capitale per trovare lavoro, resterà sempre disoccupato o precario. A meno che gli riesca l’eccezione, sostanzialmente impossibile per via della divisione internazionale del lavoro, di attirare tutto il Capitale d’Italia a Vercelli. Ma questo significa solo che per “dare lavoro” a Vercelli, si sarà disoccupata tutta l’Italia. Il che è pure la premessa per altre due cose non certo secondarie: primo, per la trasformazione di Vercelli in una bidonville, quando l’esercito industriale della riserva dei disoccupati d’Italia si trasferirà in massa qui da noi per trovare lavoro, azzerando nel giro di un anno il presunto saldo occupazionale positivo; secondo, per la fuga dei Capitali da Vercelli al resto d’Italia quando la manodopera, nel deserto italico dei disoccupati che non saran riusciti ad ammassarsi qui, sarà molto più conveniente restando dove si trova. A quel punto sarà il capitale a rispostarsi lasciandoci, col cerino in mano, al punto di partenza.

Conclusione: i 600 posti di Amazon non hanno risolto una beata fava! Del resto, il Capitale che arriva a Vercelli, è lo stesso che va e viene un po’ dappertutto dividendo più o meno iniquamente occupazione, precariato e disoccupazione. Che arrivi o non arrivi Amazon, Vercelli resterà più o meno uguale a prima: in crisi, come è in crisi il capitalismo da Vercelli a New York, in tutto il mondo. Se non fosse arrivato Amazon oggi, sarebbe arrivato un altro Carrefour domani. Solo il politico borghese pieno di sé, può pensare di essere più bravo degli altri a far quello che son capaci a fare anche gli asini: attirare il Capitale. È evidente che in un modo o nell’altro, bravi o meno che siano, i politici borghesi attireranno un po’ a turno i capitali. Oggi tocca a Maura Forte il ruolo di calamita, domani sarà il turno della Forte di Novara, poi di quella di Pavia, eccetera. Nessuna di loro caverà ragno dal buco perché non ci saranno mai capitali a sufficienza per tutti i disoccupati, nemmeno per il Nord. Solo la Forte del Sud, di tutti i Sud, resterà completamente a bocca asciutta per lo storico sviluppo sghembo del capitalismo italiano. Del resto, altro sviluppo non sarebbe stato possibile. Il capitale sviluppa a un polo ricchezza e all’altro miseria. E il polo della miseria, in Italia, è e resterà sempre il polo Sud, con buona pace di tutti i programmi fallimentari di sviluppo del mezzogiorno!

Solo respingendo il Capitale si “crea lavoro”, espressione che non ha nulla di scientifico ma è tanto cara ai dilettanti, che non a caso di mestiere fanno la politica borghese. Ma questo non significa impedire ad Amazon di venire a Vercelli. Come detto, infatti, Amazon, cioè il capitale, a Vercelli, c’è già. E non ha senso prendersela con un solo capitale che arriva, come se fosse diverso dai capitali che sono già in loco. Il Capitale va cacciato in in tutte le sue forme e la lotta deve spingersi fino a levarlo definitivamente dai coglioni, ma in attesa di quel momento la strada può anche essere lastricata di inevitabili compromessi. La politica, se solo sapesse da che parte è girata, potrebbe farne qualcuno, ma la politica qualora anche lo sapesse, non potrebbe fare nulla perché ignorando la lotta delle classi, è schierata irrimediabilmente dall’altra parte. È la politica borghese, ecco tutto.

Quando il capitale di Amazon dice di portare 600 posti di lavoro a Vercelli, dice semplicemente che intende scambiare la più piccola parte di sé stesso con la più alta produttività possibile, cioè col minor numero di dipendenti possibile, 600 appunto. Vantarsi di aver portato 600 posti di lavoro, quindi, significa vantarsi di quello che arrivava da solo, o con Amazon o con un’altra schifezza come lui qualsiasi, per la semplice ragione che il Capitale esiste e il suo movimento generale non può essere soppresso, tanto meno dai suoi inutili servi. Maura Forte, più che vantarsi di quello che il capitale sa fare da solo per il suo profitto, dovrebbe dirci quanti posti in più ha fatto scucire ad Amazon rispetto al minimo preventivato. È questo che una politica, non dico rivoluzionaria (ché rivoluzionaria esproprierebbe Amazon prima ancora del suo insediamento), ma almeno progressista dovrebbe fare se volesse davvero invertire la rotta e non solo vantarsene a parole. Maura Forte e Siamo Vercelli si vantano dell’opposto. Non solo non hanno portato un posto di lavoro in più rispetto al minimo preventivato, ma grazie agli sgravi su terreni eccetera, il minimo si abbasserà a occhio e croce da 600 a 500. Eppure, un Capitale che porta 600 posti di lavoro, può portarne tranquillamente il doppio dimezzando l’orario a parità di salario, oppure 900 senza sgravi e con addetti sindacalizzati anziché somministrati magari a voucher. Stiano tranquilli i tifosi sotto sotto di Amazon, che scambiano per realismo la loro riverenza servile verso sua Maestà il Padrone, senza sgravi e pagando di più i 600 salariati che impiegherà, Amazon non scapperà da un’altra parte, esattamente come una qualunque fabbrica non delocalizza per uno sciopero, nonostante lo minacci. Il capitale va dove trova il massimo profitto, ma il suo movimento non è automatico. Se Amazon ha deciso di investire a Vercelli, significa che il massimo profitto possibile è qui, ed è difficile che 200 lavoratori in più e meglio pagati lo abbassino così tanto da renderlo inconveniente. Qualora anche ciò accadesse e Amazon andasse a cercarsi gli sgravi altrove, la colpa non sarebbe di Maura Forte, ma di chi in altre città gli sgravi ha continuato a farli. Lo sforzo di Maura Forte, perciò, non sarebbe vano. Bonificare una zona dai regali ai capitalisti, infatti, ha comunque un effetto benefico sul riequilibrio generale dei rapporti di forza tra Capitale e Lavoro. Perché in effetti, se ci saranno dei posti di lavoro in più, saranno ottenuti nell’unico modo storicamente possibile, cioè lottando contro il capitale, respingendolo non attraendolo. Ma tutto questo Maura Forte lo ignora, e non potrebbe essere diversamente, di conseguenza non avrebbe potuto mai farlo. Al contrario, la Sindachessa e le sue ex stampelle vogliono farci credere di essere i primi nella Storia che hanno portato posti di lavoro lottando a favore del Capitale. La fessitudine non ha limiti! Quando mai s’è visto? Non solo non hanno portato nulla – in linea col nulla dei loro programmi della grande e piccola serva – ma oltre ad aver ridotto il minimo delle assunzioni con gli sgravi che in definitiva paga la comunità proletaria, hanno semplicemente ottenuto di aver abbassato il monte salari complessivo di Vercelli di una cifra inversamente proporzionale all’aumento del profitto del Capitale di Amazon. Infatti, a sentir le preoccupazioni per i contratti di lavoro che verranno fatti, Maura Forte, paladina della Confindustria di Vercelli, come è ovvio, si è occupata di Amazon solo dal lato del Capitale, non chiedendo la minima garanzia sul versante del Lavoro. Amazon ha quindi già ottenuto di scambiarsi col più basso monte salari possibile. Ecco perché 1, 100, 1000 Amazon porteranno sempre 1, 100, 1000 disoccupati in più. Perciò, anche se Amazon non è il Viet-Nam, quando toglierà le tende sarà come la liberazione di Saigon, specialmente se il polo logistico resterà qui senza di lui, controllato dai lavoratori.

Resta appena da dire che nella stucchevole competizione tra il PD di Maura Forte e gli apprendisti del Siamo Vercelli guidati da Alberto Perfumo, la prima ne esce stravincitrice. Fin dal suo insediamento alla carica di sindaco, Maura Forte ha rappresentato il grande Capitale e non ne ha fatto mistero, al netto della retorica interclassista. Siamo Vercelli, invece, ha rappresentato e tuttora rappresenta l’ennesima lista civica della piccola borghesia colpita dalla crisi, come se non ci fosse già l’originale doppione a cinque stelle nazionale. Maura Forte, pur nelle alterne vicissitudini, è sempre stata saldamente al timone della sua parte e non ha mai derogato dal suo ruolo. Amazon ne è la più lampante dimostrazione. I nostri apprendisti, invece, sono tre anni che oscillano di qua e di là come banderuole e come del resto fa sempre la piccola borghesia, quando infuria il vento della crisi. Prima le hanno fatto da stampella, ignorando che la piccola borghesia può governare ma non può comandare, come dimostrano le esperienze storiche del fascismo, della Lega Nord e da ultimo le prime giunte grilline che governano Parma, Livorno e Roma col programma del PD, cioè del grande capitale. La piccola borghesia una volta al potere, è tutto tranne che il potere della piccola borghesia. Ma tutto questo la nuova politica del Siamo Vercelli lo ignorava e ha dovuto apprenderlo sulla sua pelle, cosa che se avesse letto il vecchio marxismo di 150 anni fa, si sarebbe tranquillamente risparmiata. Ma la nuova politica è molto presuntuosa, si presenta come nuova e pensa che basti una dichiarazione per esserlo, senza uno straccio di prova pratica.

Quanto al lavoro, che dicevano i Siamo Vercelli? Dopo aver riempito per mesi l’Arca (spazio espositivo di Vercelli, nda) coi padiglioni dell’EXPO di Milano, senza dedicarne manco uno ai voucher e al lavoro gratuito e privo di diritti di quella mirabile iniziativa dello sfruttamento mondiale, non avendo capito che anche EXPO è espressione del grande capitale che può lasciare solo le briciole ai piccoli imprenditori semi falliti di Vercelli, finita la grande occasione perduta di EXPO hanno cominciato a illustrare le altre mirabolanti proposte del loro programma:

Creare posti di Lavoro a Vercelli non è facilissimo: sarebbe ingenuo, infatti, sperare nell’arrivo di una grande azienda (anche se l’ingenuità di Amazon è appena arrivata, nda). Sono pochissime quelle che aprono nuovi siti e la competizione è tanta. Se poi si pensa a aziende cinesi – come sembra fare il sindaco – allora si è proprio fuori strada (la Cina rallenta, ma è pur sempre il capitalismo più in crescita del mondo, non si capisce quindi perché si sarebbe fuori strada affidandosi a lui, mentre si sarebbe in carreggiata affidandosi a chi sta anche peggio. Misteri della nuova politica, nda).
L’unica chance concreta è quella di mettere insieme le energie… in modo che si creino reti… È quello su cui stanno puntando molte città italiane e che si chiama “coworking”, letteralmente “lavorare insieme”.
E non riguarda solo i colletti bianchi, spesso coi coworking si riesce a far partire anche laboratori artigianali, dove manualità e tecnologia digitale convivono (sono i cosiddetti Fablab).
(ENERGIE LOCALI IN RETE PER CREARE LAVORO – dal giornalino del Siamo Vercelli distribuito in Piazza Cavour poco più di un anno fa)

In breve Siamo Vercelli ci spiega chiaramente che la soluzione alla disoccupazione della nostra città è il loro programma che non ha che mezze soluzioni. E questa sarebbe la loro rivoluzione, perché non gli basta essere nuovisti, ma come tutti i nuovisti devono pure presentarsi come rivoluzionari, a patto che la nuova rivoluzione sia incruenta e non violenta, sia di testa e di coscienza anziché di pancia, e non come le vecchie sanguinarie rivoluzioni, le uniche finora che si siano mai viste. Dove abbiamo già visto novità simili? Ah già, dalle nostre parti (si fa per dire), era un’altra Rivoluzione, questa volta Civile, e la guidò un altro Perfumo, si chiamava Ingroia. Sappiamo anche come è finita: Ingroia chi? A breve sapremo anche come finirà la sua replica locale: Perfumo chi?

Così, i proletari vercellesi dovrebbero votare Perfumo e accontentarsi di coworking e fablab, cioè di palliativi che nella migliore delle ipotesi allieverebbero un po’ la situazione, perché anche se loro sono allo stremo, la piccola borghesia del Siamo Vercelli è ancora ben vestita e nonostante le ammaccature non ha ancora le pezze al culo, perciò prima di interventi radicali può tranquillamente attendere galleggiando come può tra i suoi inutili brontolii. Non si capisce bene quindi cosa abbiano continuamente da polemizzare sui social. Con un programma che è il ritratto dell’impotenza fatta a programma, è già un mezzo miracolo che siano arrivati quasi al 20% nelle ultime amministrative. È un ottimo traguardo, possono anche accontentarsi, in vista dell’imminente fine della corsa alle prossime. 

Siccome però in politica il vuoto non esiste, le micro soluzioni di Siamo Vercelli che per forza di cose nessuno ha mai visto, sono ora soppiantate dalla materiale quanto brutale avvenenza dei 600 posti della macro soluzione offerta dal grande Capitale a guida PD. È così che dopo aver visto col Perfumo negli occhi il grande capitale cinese, Siamo Vercelli diventa camaleonte e sale sul carro del grande capitale americano vincitore, come se Amazon o la Lenovo fossero due cose tanto diverse.

Ha poca importanza sapere se sia stato lo zampino della politica locale a portare Amazon a Vercelli (anche se negare l’apporto della Forte è completamente ridicolo), oppure se Amazon sia arrivato più o meno da solo. Quello che conta è cosa rappresenta l’arrivo di Amazon. E Amazon a Vercelli, è il trionfo del programma della grande borghesia a guida PD, sul nulla del programma piccolo borghese guidato dal Siamo Vercelli. Amazon è la bancarotta del coworking, del Siamo Vercelli e del loro minimale programma di sogni ad occhi aperti.

Col suo avamposto logistico Amazon porterà anche 600 lavoratori a stretto contatto tra loro. Non c’è bisogno di altro coworking, il capitalismo sviluppa già da sé la cooperazione sociale, e la sviluppa ancora meglio sulla larga scala di una multinazionale. Quello che sviluppa il coworking di cui parla Siamo Vercelli, è in realtà l’esatto opposto, il lavoro sostanzialmente individuale, sostanzialmente in nero e sostanzialmente non sindacalizzato. 600 salariati che lavorano per Amazon, invece, presto o tardi, come è sempre successo, si organizzeranno per difendersi, sarà allora che, diritto dopo diritto, porteranno a Vercelli veri, nuovi posti di lavoro, aumenti di salario e di conseguenza calo di profitti. Cosa che è pressoché impossibile che possa fare il lavoro atomizzato nelle microsoluzioni fablab della piccola borghesia.

A Vercelli, dentro il polo logistico di Amazon, non ci saranno solo 600 posti di lavoro. Ci sarà molto di più. Ci sarà un potenziale avamposto di avanguardia proletaria. È questo che bisogna sviluppare e svilupperemo insieme coi lavoratori. Lo faremo da soli come abbiamo sempre fatto e come è giusto che sia. Nessun posto di lavoro può regalarci la borghesia. Bisogna essere un illuso per crederci. La borghesia non è Babbo Natale, nemmeno quando arriva a Dicembre. Amazon ha portato alla borghesia di Vercelli il suo Capitale. La Vercelli proletaria lo restituirà accresciuto dei suoi 600 becchini.




Lorenzo Mortara
IL SINDACATO È UN’ALTRA COSA PIEMONTE

Stazione dei Celti,
Sabato 17 Dicembre 2017










DOCUMENTAZIONE

Così la lista civica Siamo Vercelli, salutava l’arrivo di Amazon a Vercelli.


Lontani dalla politica: così Amazon apre a Vercelli

Vercelli, 28 agosto 2016


Per fortuna le scelte industriali sono state fatte senza coinvolgere la politica locale e così Amazon aprirà a Vercelli un centro logistico con mille posti di lavoro.
La trattativa è stata gestita tutta da privati e i giochi sono ormai fatti. Il Consiglio comunale ha concesso uno sconto sui terreni e la (tanto vituperata) macchina amministrativa ha fatto il suo lavoro.
Questa volta la fortuna è stata amica di Vercelli tenendo Amazon lontana dalle stanze del sindaco. E lontano da quelle stanze, come Amazon dimostra, i risultati si ottengono.
I manager di Amazon devono aver visto i tanti casi presenti in città dove la politica ha creato situazioni di stallo, dalla risoteca alla piscina fino agli immobili, finiti ma inutilizzati, dell’area del vecchio ospedale. E’ tutto fermo. Quindi, meglio trattare coi privati e usare il Comune per i soli adempimenti burocratici.
Ha funzionato e Amazon apre il suo magazzino. Lo fa senza che sindaco e assessori possano correre a metterci il cappello.
Piuttosto, la città chiede adesso alla politica locale che vigili sulle assunzioni e che crei le condizioni più favorevoli per il buon funzionamento del centro logistico.

 

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