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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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martedì 31 maggio 2016

INTERVISTA A TIZIANA ULERI, CANDIDATA AL CONSIGLIO COMUNALE PER SINISTRA PER ROMA






INTERVISTA A TIZIANA ULERI,
CANDIDATA AL CONSIGLIO COMUNALE PER SINISTRA PER ROMA



Sei impegnata da decenni come avvocato dello strato sociale più debole sopratutto nel settore della casa, passando dalle occupazioni di case al Quartaccio all'Unione Inquilini di Primavalle fino alla segreteria romana di Rifondazione con incarico per questo ambito.
Cosa hai imparato da queste esperienze ?



Queste esperienze mi hanno insegnato una cosa molto importante ovvero che è necessario riportare le persone appunto in prima persona nelle lotte.
Non è sufficiente la presenza di sportelli casa o sedi sindacali nelle zone periferiche della città, la sola delega allontana i soggetti in carne ed ossa che devono partecipare attivamente per ottenere risultati positivi.




Quali sono i punti programmatici della tua campagna politica per il comune di Roma ed il municipio XIV ?



Penso che due punti del programma di Sinistra per Roma sono
fondamentali, cioè la rinegoziazione del debito ed il decentramento effettivo verso i municipi.
La realizzazione di queste proposte potrebbe far si che il comune abbia
maggiori risorse economiche da investire per il miglioramento dei servizi, penso al trasporto pubblico ed al potenziamento dei servizi sociali oltre all'acquisizione al patrimonio di stabili da adibire ad alloggi popolari e spazi per la cultura.




Tu hai partecipato al movimento degli anni '70, alle occupazioni di case degli anni '80, al periodo d'oro del PRC. Cosa manca alla sinistra radicale italiana per riconquistare l'egemonia politica negli strati proletari ?



Manca secondo me l'egemonia culturale che ritengo l'elemento
fondamentale per creare una massa critica. Per questo oggi le organizzazioni comuniste o più in generale di sinistra risultano indebolite o poco efficaci. Penso che il tentativo necessario da attuare da subito è quello di riportare le persone alle mobilitazioni per i bisogni collettivi.




Rifondazione non vive un momento felice. La segreteria Ferrero ha deciso di non partecipare a Sinistra Italiana che chiedeva lo scioglimento del PRC.
Cosa pensi del futuro del PRC?
 
Penso che giustamente Ferrero abbia rifiutato lo scioglimento del nostro partito ma allo stesso tempo è necessario proseguire nella costruzione di un processo aggregativo di più forze politiche che trovi il comune denominatore su temi condivisi piuttosto che cercare il DNA e far emergere le differenze, questo è il momento per creare una forte alleanza della sinistra radicale.



Cosa prevedi e cosa ti auguri per queste elezioni amministrative a Roma?

 

Auspico che Sinistra per Roma possa affermarsi alle prossime elezioni
eleggendo consiglieri comunali e municipali per avere una sponda istituzionale per continuare l' opposizione sociale nei territori.












A cura di Tommaso Roselli



lunedì 30 maggio 2016

NON SI MUOVE FOGLIA CHE "LUI" NON VOGLIA di Lucio Garofalo





NON SI MUOVE FOGLIA CHE "LUI" NON VOGLIA
di Lucio Garofalo



L'immobilismo ha scelto la provincia irpina a sua "patria elettiva". Se non si fosse verificato il tragico sisma del 1980, che scosse la "terraferma" e sconvolse l'esistenza di interi paesi e popolazioni, probabilmente nulla si sarebbe mai mosso. Tutto sarebbe ancora immobile. Come sempre. Nulla è "eterno" come la stasi irpina. Si pensi ad un Ciriaco De Mita eletto sindaco alla veneranda età di Matusalemme. 

In Alta Irpinia pare che la cronologia storica si arresti al 1980. In realtà, la tempistica e la strategia in un progetto politico, e a maggior ragione in campagna elettorale, sono quasi sempre studiate e calcolate a tavolino. Si sa, non c'è nulla di nuovo sotto il sole. 
È altresì innegabile che, oggi, in alcuni Comuni irpini si voti, di fatto, con una sola lista vera in campo ed una lista civetta ad "opporsi". Sfido chiunque a smentire tale evidenza. "Il potere logora chi non ce l'ha", diceva un uomo che di potere se ne intendeva assai ed era ossessionato dal potere. 
È risaputo che la politica è (quasi) sempre una questione di potere, cioè di rapporti di forza reali, non metafisici, per cui gli accordi politici sono quasi sempre accordi di potere. 

sabato 28 maggio 2016

INTERVISTA A NORBERTO FRAGIACOMO CANDIDATO AL CONSIGLIO COMUNALE DI TRIESTE






INTERVISTA A NORBERTO FRAGIACOMO
CANDIDATO AL CONSIGLIO COMUNALE DI TRIESTE


Puoi spiegare sinteticamente la situazione della sinistra triestina e perché si è giunti alla formazione di due liste di sinistra (Trieste in comune-Sinistra unita e Trieste a Sinistra), considerando anche il fatto che SEL appoggia la lista del sindaco uscente Roberto Cosolini.




     Il lodevole tentativo di assemblare una “Sinistra Unita” a Trieste, radicalmente alternativa al PD e capace di mettere in campo un candidato sindaco comune, è fallito per una concomitanza di ragioni, che di politico (in senso alto) hanno abbastanza poco.
     Il “tavolo”, convocato stavolta per tempo, ospitava varie forze: PRC e PCd’I, il consigliere comunale Marino Sossi con i transfughi di SeL, il gruppo del deputato ex 5Stelle Aris Prodani, una parte della Lista Tsipras (portavoce Marino Calcinari, proveniente dal PRC), i civatiani e il PSI.
     La prima componente a sfilarsi è stata il PSI, lamentando il rifiuto da parte dei “commensali” di prendere in considerazione la proposta, avanzata dal segretario Gianfranco Orel, di sostenere il progetto di una provincia autonoma della Venezia Giulia (per cui il partito stava raccogliendo firme in vista di un referendum): la rottura è arrivata via mail – ero presente in sala.
Tra le altre componenti il dialogo è proseguito, e pareva ben avviato: gli ostacoli – più di natura “organizzativa” che politica – sembravano superabili, anche grazie alle insospettate doti diplomatiche rivelate dal padrone di casa, il segretario del PRC Peter Behrens (le riunioni si svolgevano preso la sede di Rifondazione e PCd’I, in via Tarabochia). Preciso di aver assistito ad un unico incontro (mi pare fosse fine febbraio o inizio marzo), dal quale sono uscito moderatamente ottimista e un po’ annoiato.
     Lo scoglio era rappresentato dalle modalità di scelta della candidatura a Sindaco (fuori dai denti: dalla gran voglia che taluno aveva di candidarsi). Tre le opzioni: Iztok Furlanic, sostenuto da PRC e PCd’I, Marino Sossi e Fabio Omero, ex consigliere PD ed esponente di punta dei civatiani. Dopo lunghi conciliaboli si sono scartate le idee “estreme” di una nomina concertata al tavolo e di mini-primarie (troppo evidente il rischio di un flop!), e si è optato per la costituzione di un’associazione, denominata Trieste in Comune, l’iscrizione alla quale avrebbe conferito ai compagni interessati il diritto di votare il candidato preferito.
     Sembra (dico sembra, perché non sono stato testimone diretto degli eventi) che la proposta sia successivamente caduta per il timore, da parte di alcuni, che l’associazione potesse venir “colonizzata” dai comunisti, con conseguente vittoria scontata di Furlanic, ottimo Presidente dell’assemblea nell’ultima consiliatura, ma considerato "divisivo" per alcuni giudizi su Liberazione e Yugoslavia di Tito cui Il Piccolo, nel 2015, ha dato estremo e compiaciuto risalto. L’altro punto caldo era rappresentato dalla Ferriera di Servola, di cui Sossi – ex sindacalista – auspica la chiusura, ritenuta invece dai comunisti (e dal sottoscritto) un colpo fatale per la già provata economia triestina.
     Sossi e Prodani sono stati i secondi ad abbandonare – insieme – il tavolo, dando vita a SI/Sinistra per Trieste, che candida a Palazzo Cheba l’ex sindacalista, cui va riconosciuto il ruolo di spina nel fianco dell’attuale maggioranza guidata dal PD. Restavano quattro formazioni: i civatiani hanno giocato il tutto per tutto lanciando via mail l’aut aut Omero (personaggio molto attento alla tematica dei diritti civili) o niente. I due partiti comunisti sono andati avanti per la loro strada, hanno costituito l’associazione (monca…) e candidato Iztok Furlanic sotto la sigla di Sinistra Unita, riedizione della vecchia Federazione della Sinistra. Gli altri? I civatiani hanno dato forfait, il PSI – dopo aver sostenuto il sen. Francesco Russo in primarie straperse – si sono alleati con i Verdi di Alessandro Claut e supportano adesso la candidatura Cosolini (PD, ma appoggiato pure dalla maggioranza di SeL, rimasta agganciata al partito egemone).
     Abbiamo dunque una situazione abbastanza anomala rispetto a quanto accade a livello nazionale: in particolare, la federazione triestina di SeL è contrapposta a Sinistra Italiana (Sossi ed ex grillini). Complessivamente, l’ennesima occasione persa.
     “Consola” il fatto che gli indipendentisti, capaci di portare in piazza quasi 10 mila persone tre anni fa, si sono rivelati più litigiosi della Sinistra: concorrono con tre (!) liste e nessuna chance di arrivare al ballottaggio. A quest’ultimo – in un quadro ovunque frammentato – possono aspirare Cosolini (favorito ma non troppo), l'ex Sindaco Dipiazza (Centro-destra, con qualche defezione) e Paolo Menis del M5S. Quest’ultimo è candidato credibile, ma anche lui ha dovuto vincere un’accanita opposizione interna che gli preferiva la giovane Paola Sabrina Sabia, moglie di un parlamentare europeo del Movimento.
     Tra i temi più dibattuti c'è quello della Ferriera, che senz'altro inquina ma dà da mangiare a 4-500 famiglie: l'ipotesi dismissione raccoglie larghi consensi tra candidati a caccia di voti, ma le soluzioni proposte (c'è chi pensa ad una ricollocazione nella PA delle maestranze , già sovradimensionata, o addirittura... ai lavori socialmente utili!) sono, nella migliore delle ipotesi, dilettantesche.
     In ogni caso, una campagna elettorale all'insegna delle ciacole che no fa fritole, che non sembra appassionare granché una cittadinanza preoccupata anzitutto da crisi occupazionale e costante impoverimento.

venerdì 27 maggio 2016

IL GRANDE CIELO di Stefano Santarelli






IL GRANDE CIELO  
di Stefano Santarelli





Il Mandam proseguiva, l'ampiezza del fiume diminuiva e la terra si ergeva in forme difficile a credersi, come castelli e rovine che agli anziani ricordavano quelle viste in Francia, come fortezze e bastioni, come forme che un uomo avrebbe visto solo in caso di febbre o follia. Giallo, rosso, bianco lungo le rive, e bagliori come di sole riflesso da un specchio e, al di sopra e al di là, la prateria, le cosiddette grandi pianure che si stendevano, ormai gialle e secche, tanto che anche un solo lupo, passando si lasciava dietro una lenta scia di terriccio. Un grezzo, vasto territorio solitario, troppo grande, troppo vuoto. Ti faceva sentire come se la mente fosse piccola e il cuore stretto e lo stomaco contratto, quella terra che si apriva così selvaggia e persa sotto un cielo tanto grande da farti venire paura del paradiso.”




Il grande cielo di Alfred Bertram Guthrie, Jr. (1901–1991) costituisce non solo il più grande romanzo western che sia mai stato scritto, superiore anche al malinconico e struggente Shane (Il cavaliere della valle solitaria) di cui lo stesso Guthrie scrisse la sceneggiatura per l'omonimo film interpretato da Alan Ladd e da cui ottenne una più che meritata nomination al Premio Oscar, ma è indiscutibilmente uno dei massimi capolavori della letteratura americana.

Questo romanzo pubblicato nel 1947 e che praticamente è l'opera prima di Guthrie segna l'inizio di una saga composta da ben sei romanzi (The big sky, The way west,, These thousand hills, Arfive, The last valley, e Fair land) e riscosse immediatamente un successo strepitoso tanto da candidarsi al Premio Pulitzer, premio che Guthrie ottenne con il suo secondo romanzo: Il sentiero del west (The way west).

Il grande cielo si svolge tra il 1830 e il 1843 e narra la storia di un diciasettenne, Boone Caudill, che fugge da casa dopo aver tentato di uccidere il padre durante una lite intraprendendo un leggendario viaggio che dal Kentucky lo porterà al Missouri e poi all'Oregon. In questo viaggio incontra Jim Deakins (nella versione cinematografica interpretato da Kirk Douglas) che lo convincerà ad andare nel Missouri con dei cacciatori francesi di pellicce. Storicamente i trappers sono stati i primi bianchi ad esplorare un territorio a loro totalmente sconosciuto commerciando con le varie tribù indiane sposandone molte volte le loro squaw. E' sarà questo il destino riservato allo stesso Boone Caudille il quale però è veramente innamorato della sua squaw Teal Eye (Occhio d'anitra), ma la sua insana ed immotivata gelosia lo porterà ad uccidere proprio il suo migliore amico, Jim Deakins, e ad abbandonare la moglie ed il figlio.

AMMINISTRATIVE 2016 E L'AFFARE # CIRIETTA di Lucio Garofalo







AMMINISTRATIVE 2016 E L'AFFARE # CIRIETTA
di Lucio Garofalo




La logica prevalente nelle dinamiche e nei comportamenti della vita politica, logica che spiega orientamenti ed azioni personali, è assai utilitaristica e si può riassumere come segue: "è meglio un pessimo accordo che una sconfitta sicura". Io non condivido assolutamente tale logica, ma è quella che seguono in tanti, pur di non perdere la poltrona. 
In queste amministrative il clima è assai infervorato (ed avvelenato) come sovente accade in una campagna elettorale. Non è affatto la prima volta. Per quanto mi riguarda, preferisco non ascoltare mai le voci o le 'ndrecchiole paesane per screditare i singoli candidati. Così facendo si cade "fatalmente" nella trappola del qualunquismo. È "normale" che ciascuno accusi l'altro. 

Si pensi al caso Conad a Lioni, laddove ciascuna lista ha lanciato accuse verso la lista avversaria. Ed è esattamente il tipo di "gioco" (scivolare sul terreno delle accuse personali) che bisogna evitare per poter elaborare una visione più lucida ed obiettiva della situazione. Altrimenti si fa esattamente il loro gioco e si rischia di farsi intrappolare in polemiche di segno generico e qualunquista, che non portano da nessuna parte, anzi conducono al tramonto della politica. Come già avviene da tempo. 

giovedì 26 maggio 2016

ALLA SINISTRA PUO' SERVIRE LA GEOPOLITICA? di Amedeo Maddaluno





  
ALLA SINISTRA PUO' SERVIRE LA 
GEOPOLITICA?
di Amedeo Maddaluno





Ha senso scrivere di geopolitica per una rivista di sinistra, tanto più una delle più rigorose sul piano teorico quanto delle più “ribelli” e fuori dagli schemi sul piano della prassi? Diciamolo chiaramente: la geopolitica a sinistra non è mai piaciuta.

Geopolitica e sinistra vecchia e nuova.

La sinistra classica, storica, si è sempre concentrata - ed avendone ben donde - sulle tematiche della dialettica tra classi laddove la geopolitica si occupa invece di rapporti di potenza tra Stati, rapporti influenzati da dati geografici, antropologico-culturali, economici. 

La "new left", o "sinistra" liberaldemocratica, contemporanea ed antimarxista (vera sinistra?) semplicemente esclude ogni dialettica tra classi, ogni contrapposizione tra nazioni, ogni rapporto di forza tra stati dal proprio orizzonte analitico: siamo tutti destinati a dissolverci nell'irenica globalizzazione liberaldemocratica, globalizzazione dominata dalle logiche di mercato andanti e ben temperate dalla "società civile" e dai “diritti umani”. E' una "sinistra" che ha preso piede dal '68 e che ha per l'appunto a cuore non i diritti dei lavoratori e le tematiche economiche e sociali ma invece le libertà individuali e le tematiche individualiste. 

mercoledì 25 maggio 2016

PERCHE' A ROMA VOTO IL COMUNISTA MUSTILLO di Maurizio Zaffarano







 PERCHE' A ROMA VOTO IL COMUNISTA MUSTILLO
di Maurizio Zaffarano



Ciò che ha contraddistinto, negli ultimi decenni, le cosiddette democrazie liberali del cosiddetto libero Occidente è stata la sempre più marcata subordinazione della Politica, quale espressione della volontà generale, al grande potere economico e finanziario, ai Mercati (la speculazione), alle entità tecnocratiche (BCE, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale) che pur prive di una legittimazione democratica e di un mandato popolare sono stati i veri artefici delle scelte di governo che hanno determinato e determinano le nostre vite.
Attraverso l'Unione Europea (in attesa del TTIP che ne renderà inutili larga parte delle funzioni), l'euro, la delocalizzazione delle attività produttive dai Paesi ricchi ai Paesi in via di sviluppo, il libero commercio internazionale, la circolazione libera e senza regole dei capitali - la globalizzazione – si è realizzata, di fatto e sul piano del diritto, tale subordinazione.
Gli Stati i cui governi si mettono di traverso o che non sono funzionali al sistema, presidiato da un mastodontico complesso militare (Stati Uniti, Nato, Israele), vengono ridotti all'obbedienza per mezzo della guerra economica (il crollo degli indici di borsa, il crollo del prezzo delle materie prime qualora tali Paesi fondassero la propria esistenza sulla produzione ed esportazione di questi beni, facendo innalzare esponenzialmente i tassi del debito pubblico) oppure sottoposti a manovre destabilizzatrici a volte cruente (il terrorismo, la guerra) a volte fondate su di una martellante e mistificante propaganda mediatica e sull'esplosione di scandali giudiziari creati ad arte o quantomeno ingigantiti nella loro dimensione.
In questo contesto i governi nazionali non possono che limitarsi a percorrere strade e binari preordinati ed i politici sono ridotti a semplici testimonial/venditori di decisioni prese in altre sedi. Non a caso si è coniato il termine di pilota automatico: qualunque partito vada al governo non cambiano (non possono cambiare) gli indirizzi politici fondamentali.

lunedì 23 maggio 2016

l'AFFARE # CIRIETTA di Lucio Garofalo






IL MODELLO # CIRIETTA
di Lucio Garofalo


Negli ultimi dieci anni (in realtà, da sempre) ho preso nettamente le distanze da chiunque inseguisse ambizioni politiche personali, "vendendo l'anima" al notabile politico di turno. Non si è "salvato" manco chi, pur di fare il sindaco, è sceso a patti con il grande G. e si è recato "in pellegrinaggio" presso la sua villa a ricevere la sua "benedizione", rivelatasi una specie di "maledizione". 

Dieci anni or sono venne siglato il patto "SalzaCirio" (sembra una sottomarca di pomodori). Ma dieci anni fa il sottoscritto non era schierato con SalzaCirio. Lo erano altri. Gli stessi che oggi sono collocati altrove, sul carro del probabile vincitore. 
Nel momento storico che viviamo, per le comunità irpine, temo che #Cirietta non fornisca la risposta giusta ai problemi che affliggono il nostro territorio. Anzi, temo che il modello #Cirietta incarni il "male peggiore" (preferirei adoperare un termine più laico, poiché la definizione di "male" contiene implicazioni religiose). 
Non mi riferisco solo al contesto specifico di Lioni, la cui comunità risente delle criticità e delle contraddizioni generate dalle ultime esperienze amministrative. Mi sforzo di ampliare lo sguardo all'orizzonte dell'Alta Irpinia ed osservo, con enorme rammarico, che il modello #Cirietta (laddove lady D. è subalterna al grande G., né potrebbe essere altrimenti) non giova al nostro territorio, anzitutto perché non favorisce, né facilita l'agibilità democratica (orrendo termine, ma concedetemi la "licenza") e lo sviluppo civile, non solo economico, delle nostre zone. 

sabato 21 maggio 2016

QUALCHE IDEA PER LIVORNO di Riccardo Achilli










QUALCHE IDEA PER LIVORNO
di Riccardo Achilli




E’ urgente delineare i tratti di una politica da sinistra per la città di Livorno, ora che il governo per intuizioni anziché per progetti di Nogarin mette a nudo, ed al netto di vicende giudiziarie sulle quali non vogliamo dire niente perché non ci compete, un vuoto di iniziative concrete per arginare la deriva sociale della lunghissima crisi della nostra città. Una crisi di modello, non semplicemente importata dal ciclo economico generale, i cui primi segnali si evidenziano negli anni Ottanta.
Per poter delineare una politica di sinistra di una città di medie dimensioni, quindi già giunta ad una massa critica tale da manifestare numerose complessità socio-economiche, occorre fare prima un passo indietro e dare un quadro generale di ciò che rappresenta una città dentro le dinamiche del capitalismo odierno.

Un capitalismo in cui i due terzi del valore aggiunto sono prodotti, oramai, dai servizi, che trovano nelle città il luogo ideale per aggregare le competenze necessarie alle necessarie funzioni direttive, e dove tali attività trovano il loro bacino naturale di mercato, atteso che, a differenza delle merci che possono viaggiare, i servizi vanno prodotti e consumati in una logica di prossimità. Dove persino gli antichi luoghi manifatturieri delle tradizionali città operaie si convertono in contenitori di attività immateriali di tipo direzionale o creativo (si pensi a una parte dello stabilimento di Mirafiori, a Torino, oggi cittadella di servizi). Un capitalismo che produce una ricchezza immateriale, perlopiù legata al circuito finanziario, dove, ad esempio, nei soli anni Novanta, mentre il PIL mondiale è cresciuto del 26%, i movimenti di capitale sono aumentati del 300%. Ed ancora oggi, incuranti della crisi, i soli derivati, responsabili della crisi finanziaria del 2007,  valgono circa il 10% del PIL mondiale. Esattamente come nel 2007. Una ricchezza finanziaria che produce finanza per mezzo di finanza, parafrasando Sraffa: è stato stimato che solo il 10% dell’intera ricchezza finanziaria in mano a famiglie, società finanziarie, fondi pensione, assicurazioni e banche va a finanziare l’economia reale. Il resto produce nuova finanza.

venerdì 20 maggio 2016

RIFLESSIONI SULLA CAMPAGNA ELETTORALE IN CORSO di Lucio Garofalo







RIFLESSIONI SULLA CAMPAGNA ELETTORALE IN CORSO
di Lucio Garofalo




Parto da una mia impressione soggettiva. Una comunità che non riesce a sviluppare una normale dialettica democratica, in nessun luogo o piazza, reale o virtuale, temo sia avvilente. Nelle sedi più istituzionali i processi sono molto convenzionali e standardizzati, ma la libertà del  confronto pluralista dovrebbe svolgersi altrove, invece si censurano persino i post su Facebook. Tutto ciò è assai triste. Temo che chiunque preferisca la censura commette solo un errore in termini di immagine e strategia propagandistica. 

La verità è che, ormai, la partecipazione ad iniziative pubbliche locali è talmente circoscritta ad una cerchia minoritaria composta da tecnici, affaristi, faccendieri e traffichini, da rasentare percentuali prossime allo zero virgola uno per cento. 
A malapena vi prendono parte i soliti mestieranti, quei politicanti da strapazzo che si sono avidamente impossessati della "cosa pubblica" rendendola "cosa nostra". La gente è altrove, nei centri commerciali, non per fare la spesa, visto l'impoverimento generale del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni.

martedì 17 maggio 2016

BREXIT? YES, WHY NOT? di Norberto Fragiacomo









BREXIT? YES, WHY NOT? 
di 
Norberto Fragiacomo
 



Manca più di un mese al referendum che deciderà sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione, ma la classe politica (non solo quella inglese, fino a ieri celebrata per il suo mitologico aplomb) è già piombata in un’agitazione frenetica.

David Cameron - discutibilissimo premier “riformatore”, che ricordavamo isolazionista – si è esibito in una piroetta da fare invidia a Renzi, rendendo una dichiarazione ai limiti della paranoia: rischi di guerra in Europa in caso di Brexit! Sembra una scemenza, invece è uno slogan ben coniato, perché si fonda sul presupposto (menzognero, ma una balla ripetuta mille volte assurge a verità) secondo cui la c.d. unificazione avrebbe posto fine ai conflitti tra le nazioni europee, regalando al continente un cinquantennio e passa di pace. L'equazione UE=pace è di sicura presa sull'elettorato, anche perché i fatti paiono suffragarla. Cosa vi direbbero gli inventori/propalatori di questa tesi? Che dal dopoguerra ad oggi (fossero più precisi citerebbero il Trattato di Parigi del '51 o quello di Roma del '57, ma dalle date si può prescindere, sono "nozionismo" fuori moda) nell'Europa occidentale tutte le controversie fra Stati sono stati composte pacificamente, si sono creati saldi legami fra i popoli ecc.; certo, vi sono state scaramucce ad est (Ungheria, Cecoslovacchia) e poi nei Balcani, ma la colpa è addebitabile all'URSS prima, a qualche regime tardocomunista poi. Il dato innegabile che i conflitti più aspri e sanguinosi siano scoppiati negli anni della massima espansione della UE - alludo alla Yugoslavia, ma anche all'Ucraina - è un'obiezione facilmente superabile, ci assicurano: la presenza di fattori esterni, di "dittatori" ha giocato un ruolo determinante, e la panacea di questi mali antichi è semmai l'ingresso di nuovi Paesi nell'Unione, civile, democratica e rispettosa dei diritti umani.

sabato 14 maggio 2016

CONTRO LA REPRESSIONE, PER IL PLURALISMO E IL RILANCIO DELL'OPPOSIZIONE DI CLASSE IN CGIL.

 

 

 

CONTRO LA REPRESSIONE, PER IL PLURALISMO E IL RILANCIO DELL'OPPOSIZIONE DI CLASSE IN CGIL.

RICOMPONIAMO LE LOTTE E RIPRENDIAMO LA MOBILITAZIONE GENERALE

 


Documento presentato all'assemblea nazionale sindacatoaltracosa-opposizioneCgil il 12 maggio 2016




Contro la repressione, per il pluralimo e il rilancio dell’opposizione di classe in Cgil. Ricomponiamo le lotte e riprendiamo la mobilitazione generale
In questi mesi ci siamo confrontati con il volto repressivo della FIOM e della CGIL.
Hanno tentato di colpire compagni e compagne in FCA, che in quest’ultimo anno hanno contrastato il modello Marchionne con ripetuti scioperi contro gli straordinari comandati. Un tentativo stupido (contro RSA e RLS riconosciute, che avevano dimostrato l’efficacia della lotta), vigliacco (in quanto rivolgendosi al Collegio Statutario ha negato ogni contraddittorio) e disonesto (pretendo di trasformare una presunta incompatibilità nel divieto di ricoprire ruoli dirigenti e di rappresentanza). Questo ha portato alla esclusione dei nostri compagni e delle nostre compagne dal CC e dall’Assemblea nazionale FIOM, con il rischio di subire intimidazioni e licenziamenti per la scomparsa di ogni copertura sindacale. Di fronte a questo abbiamo giustamente organizzato una campagna pubblica, pretendendo il rispetto del pluralismo e bloccando, sino ad oggi, ulteriori atti repressivi.
Abbiamo conosciuto la vendetta burocratica della segreteria Fiom: il “licenziamento” di Sergio Bellavita (l’improvvisa e ingiustificata revoca del suo distacco), in quanto coordinatore dell’area che ha organizzato la resistenza contro la capitolazione in FCA. Non riuscendo a colpire chi continuava a lottare, si è attaccato l’esponente più significativo di quella linea alternativa. Si vuole cioè impedirci di essere un’area programmatica, che non si limita ad esprimersi negli organismi dirigenti ma esplicita il suo punto di vista pubblicamente (anche nel rapporto con i lavoratori e le lavoratrici), pur nel rispetto dello Statuto e dell’unicità dell’organizzazione nel rapporto con le controparti. Si è quindi cercato di imporre un’inedita omogeneità in FIOM, un nuovo centralismo neanche democratico.
Un tentativo che non casualmente viene proposto nel contesto di un arretramento dei rapporti di forza tra le classi e di una ricomposizione della maggioranza CGIL su un nuovo patto dei produttori (accordo sulla contrattazione, gennaio 2016); mentre la FIOM rimuove il contrasto in fabbrica a Marchionne e Federmeccanica prova a cancellare i 2 livelli di contrattazione; mentre si tenta di consolidare una ritrovata unità con CISL e UIL e di applicare il TU del 10 gennaio, che vorrebbe imporre l’esigibilità padronale e la disciplina sindacale (cioè bloccare preventivamente ogni espressione dell’autonomia di classe).
In questo quadro, il sindacatoaltracosa-opposizioneCgil denuncia fermamente quanto è avvenuto e conferma l’impianto della sua battaglia: la ricostruzione di un sindacalismo di classe e il tentativo di tener aperto uno scontro tra una linea classista e una burocratica in CGIL; lo sviluppo di una critica della maggioranza e nel contempo di una linea alternativa, a partire da esperienze di autorganizzazione e di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici. Per questo, di fronte all’attacco repressivo, intende proseguire una campagna per il pluralismo nella CGIL, per un sindacalismo democratico e classista, contro l’emarginazione del dissenso. Ribadiamo il diritto di ogni area programmatica di autodeterminare i propri gruppi dirigenti, con il conseguente diritto di individuare i propri portavoce e esponenti, indipendentemente dal gradimento e dalla fiducia delle segreterie. Chiederemo persistentemente alla Cgil e alla Fiom di rispettare questo diritto politico e statutario, garantendo conseguentemente anche le relative agibilità e distacchi. Se continueranno a negarlo, se Sergio dovesse rientrare in fabbrica, lo denunceremo con forza, non rinunciando alla nostra autodeterminazione, con la ferma convinzione che il nostro portavoce non è soggetto al placet della maggioranza. Affronteremo quindi gli innegabili problemi organizzativi, denunciano la sempre maggior distanza della burocrazia dai luoghi di lavoro, ragione in più per considerarci in tutti i sensi “un’altra cosa”. Per questo intendiamo perseguire sino in fondo, anche nella prospettiva del prossimo congresso, la battaglia contro ogni tentativo di costruire un nuovo centralismo burocratico e autoritario, contro l’involuzione e la cislizzazione della CGIL. In questa prospettiva rinnoveremo nei prossimi mesi la nostra iniziativa, oltre alla campagna per la salvaguardia del pluralismo in CGIL, intorno a 3 interventi:
  1. la ricomposizione e la valorizzazione delle lotte: gli scioperi in FCA sono indicativi delle controtendenze e delle resistenze nel paese. Termoli e Melfi, l’Ilva di Genova e Taranto, il Petrolchimico di Gela, la SAME e la AZ Fiber di Treviglio, la Piaggio ed il suo indotto, UPS e Almaviva, la Bormioli a Piacenza, la GKN a Firenze, la Castelfrigo a Modena, in parte la Fincantieri e le tante scuole sui Comitati di Valutazione ed i bonus ai docenti. Questi sono soltanto alcuni esempi di lotte di resistenza, che, pur nell’assenza di un più generale movimento di massa e spesso ostacolate dalla stessa organizzazione sindacale, hanno saputo comunque mantenere radicalità e tenacia, sulla difesa del lavoro e delle condizioni di lavoro (ritmi, turni, straordinari, composizione del salario, ecc). Lotte talvolta riuscite, talvolta sconfitte, talvolta ancora in corso. Lotte che in alcuni casi hanno conosciuto grandi momenti di unità, in altri sono state segnate dall’aspra divisione fra settori, in altri ancora hanno espresso rabbia e disperazione. Lotte che rivelano l’attuale scomposizione del conflitto sociale, ma anche la forza che la contraddizione tra capitale e lavoro mantiene nel sistema capitalistico. Lotte cioè indicative di una persistenza dell’autonomia di classe, della soggettività delle lavoratrici e dei lavoratori che non si piegano alla crisi, alla riduzione dei salari, alla compressione dei diritti. Dobbiamo valorizzare e ricomporre queste esperienze di resistenza, che le burocrazie non sono state in grado di unificare e che anzi hanno quasi sempre osteggiato, come nel caso dei delegati e delle delegate di FCA – ma non soltanto. Dobbiamo farle conoscere, non solo per ridare parola ai protagonisti del conflitto tra capitale e lavoro, ma anche e soprattutto per metterle in rete e romperne l’isolamento. Dobbiamo difendere ognuna di queste esperienze e farle diventare punti di orientamento, metodo e esempio di una pratica sindacale dal basso, intransigente, coerente con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici;
  1. il contrasto dell’impostazione contrattuale della maggioranza CGIL. Il modello contrattuale generale elaborato da CGIL CISL e UIL a gennaio, i rinnovi contrattuali di questi mesi, l’elaborazione delle linee contrattuali per i prossimi accordi in diversi settori, confermano l’assunzione generale da parte delle categorie e dell’organizzazione del patto dei produttori. Ancora prima che questo impianto sia accettato dal padronato, sono le diverse strutture sindacali che impostano le trattative rinunciando a contrastare il controllo dell’organizzazione del lavoro da parte del padronato o delle direzioni aziendali. Contro questa capitolazione preventiva, intendiamo sviluppare una critica puntuale delle piattaforme ed un battaglia coordinata su alcuni punti di resistenza (condizioni e orari di lavoro, straordinari, welfare contrattuale, composizione del salario, precarietà, salute e sicurezza ecc);
  1. la ricostruzione di un vasto fronte di mobilitazione contro il governo: di fronte alla durezza della crisi in corso, al precipitare dei conflitti, al plebiscito autoritario di autunno, ribadiamo la necessità di un immediata ripresa della mobilitazione generale, in primo luogo contro il Jobs act, per la difesa del diritto di sciopero e per la riconquista delle pensioni di anzianità, prima cancellate dalla Fornero e ora a rischio di un nuovo ridimensionamento con le ultime proposte di riforma. In questa direzione, lavoreremo con le nostre forze e nella consapevolezza dei nostri limiti, per sviluppare ogni possibile occasione di convergenza e di lotta comune, contro il governo – che con il plebiscito costituzionale del prossimo autunno cerca la legittimazione per una ulteriore torsione autoritaria – e soprattutto a difesa di lavoratori, lavoratrici e classi popolari, sull’esempio della lotta francese e greca di queste settimane. Resta un nostro obiettivo di fondo la netta e intransigente opposizione alle politiche di austerità dettate dall’Unione europea, dalle banche, dal padronato e dai suoi governi, contro la quale opporre l’unificazione delle tante lotte e delle vertenze contrattuali al fine di ricomporre il frammentato mondo del lavoro verso un vero sciopero generale anche in Italia.
L’assemblea nazionale, di conseguenza, chiama tutti i territori e le categorie a organizzare su questi assi riunioni, attivi e iniziative pubbliche nei prossimi due mesi; e si pone l’obiettivo di organizzazione una festa dell’area ed una nuova assemblea nazionale.
Eliana Como (cc centrale Fiom, cd Cgil)
Luca Scacchi (cd Flc)
Massimo Cappellini (rsu Fiom Piaggio)
Beppe Corrado (rsu Fiom indotto Piaggio)
Giorgio Mauro (rsu Fiom Same)
Andrea Paderno (rsu Fiom Same)
Simone Grisa (Fiom Bergamo)
Armando Morgia (rsu FP Comune di Roma)
Francesco Doro (cc Fiom)
Gabriele Severi (rsu Fiom Marcegaglia Forlì)
Renato Pomari (rsu Fiom IBM Monza-Brianza)
Serafino Biondo (rsu Fiom Fincantieri Palermo)
Federico Mugnari (rsu Sistemi Informativi – Filcams Roma-Lazio)
Nando Simeone (cd Filcams)
Franco Grisolia (comitato di Garanzia Nazionale)
Aurelio Macciò (cd Fp)
Francesco Durante (cd Fisac)
Francesco Santoro (Fiom Parma)
Cristian Mandara (rsu Fiom Fasmec Parma)
Enrico Pelligrini (rsu Filcams Musei Civici Venezia)
Alessandra Marchetti (rsu Filcams Musei Civici Venezia)
Donatella Ascoli (rsu Filcams Musei Civici Venezia)
Danilo Lollobrigida (cd Filctem Roma-Lazio)
Fabio Cerulli (cd Filctem Roma-Lazio)
Francesco Locantore (cd Flc)
Renato Caputo (rsu scuola, autoconvocati Roma)
Gianpaolo Rosato (rsu Farmacap)
Beppe Severgni (cd Cgil Bergamo)
Angelo Trovenzi (cd Fiom Bergamo)
Marina Carrara (cd Fiom Bergamo)
Giosino Vassollo (coordinamento Filctem)
Marco Di Pietrantonio (Cgil Abruzzo)
Mario Del Biondo (Cgil Abruzzo)
Savina Ragno (cd Filcams)
Marco Beccari (cd Flc Roma)
Andrea Ilari (cd Flc Roma Est)
Pasquale Vecchiarelli (Fp Roma)
Daniele Manzo (Fiom Roma)

Chi volesse sostenerlo e firmarlo può scrivere a eliana.como@alice.it o l.scacchi@univda.it



martedì 10 maggio 2016

IPAZIA: ASTRONOMA, FILOSOFA, MARTIRE PAGANA ED EROINA DEL LIBERO PENSIERO di Lucio Garofalo







IPAZIA: 
ASTRONOMA, FILOSOFA, MARTIRE PAGANA ED EROINA DEL LIBERO PENSIERO
di Lucio Garofalo



"Agorà" è un film a dir poco stupendo, la cui proiezione andrebbe proposta in tutti gli ordini di scuola tranne, per ovvie ragioni di età, l'infanzia e i primi anni della primaria. Giusto per far comprendere ai ragazzi che il fondamentalismo religioso non è un fenomeno che appartiene solo al mondo islamico, ma è trasversale a tutte le esperienze di culto ed alle confessioni di qualsiasi origine e latitudine. 

Quando, all'alba del V secolo dopo Cristo, i talebani erano soprattutto i cristiani, in un impero (quello romano) ormai diventato "cristiano". 
Nel 392 d. C. l'imperatore Teodosio emanò una legge speciale contro i culti pagani nel tollerante Egitto. Da quel momento in poi, i quadri dirigenti del Cristianesimo, assorto ormai a religione di Stato, intrapresero una mobilitazione punitiva proprio nella capitale della cultura ellenica dov'era nata e dove insegnava Ipazia. 
All'origine dell'ostilità di Cirillo, il vescovo di Alessandria d'Egitto, più che la misoginia o l'astio confessionale, era l'invidia - secondo il bizantino Suidas - per la sua influenza politica. Era una partita a tre quella che si giocava per il potere ad Alessandria tra l'antica élite pagana, stretta alla rappresentanza del governo imperiale, i dirigenti cristiani che aspiravano a soppiantarla e la comunità giudaica, la prima lobby dominante, gruppo di pressione rivale. 

Il primo atto tragico dell'episcopato di Cirillo fu il pogrom anti-ebraico, che anticiperà l'assalto verso l'establishment pagano, incarnato nella figura di Ipazia. 
Se la ragione e la fede costituiscono i due binari paralleli lungo i quali si è mossa la storia dell'Occidente nel corso degli ultimi duemila anni, i testi che meglio ne rappresentano l'immutabile distanza sono senza dubbio gli Elementi di Euclide e la Bibbia, cioè le due summe del pensiero matematico greco e della mitologia religiosa giudaico-cristiana, la cui efficacia ispirativa è testimoniata proprio dall'incredibile numero di edizioni raggiunte da entrambi (duemila, una media di una all'anno dalla prima "pubblicazione"). 

L’episodio più emblematico dell'irriducibile contrasto fra le due ideologie, accadde nel marzo del 415 d. C., quando un assassinio impresse, come disse Gibbon in Declino e caduta dell'impero romano, "una macchia indelebile" sul cristianesimo. La vittima fu una donna: Ipazia, detta "la musa" o "la filosofa". Il mandante fu un vescovo: Cirillo, il patriarca di Alessandria d'Egitto. 

Ipazia fu massacrata da un gruppo di monaci cristiani, i parabolani, una sorta di talebani dell'epoca, che costituivano la milizia personale del vescovo. Ipazia divenne così una martire del paganesimo, ma soprattutto un'eroica paladina della libertà di pensiero. 

È assai improbabile che con il battage pubblicitario e la serie di dibattiti promossi attorno al film "Agorà" di Alejandro Amenabar, qualcuno non abbia mai sentito nominare Ipazia. In una Alessandria dove si scontrarono l'ultima aristocrazia legata al paganesimo, il nuovo potere religioso rappresentato dal vescovo Cirillo ed una vasta comunità ebraica, visse ed insegnò questa straordinaria filosofa neoplatonica, matematica ed astronoma, che si diceva fosse bellissima ed idolatrata dai suoi allievi. Una banda di parabolani, talebani ante litteram al servizio del vescovo Cirillo, si scagliò sul corpo di Ipazia e lo fece letteralmente a pezzi.


domenica 8 maggio 2016

ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2016 di Lucio Garofalo






ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2016 
di Lucio Garofalo


Si è avviata ufficialmente la campagna elettorale per le consultazioni amministrative del 2016. Si vota in numerosi centri italiani. A me preme osservare alcune cose. Anzitutto, in vari comuni manca da troppi anni un soggetto politico agguerrito ed organizzato che sappia svolgere un’azione incisiva e salutare di controllo e denuncia politica per evitare che chi amministra il Comune possa commettere abusi ed ingiustizie, per costringerli a rispettare le normative vigenti e stimolare un'ampia ed effettiva partecipazione popolare alla vita politica del Municipio. 
Mi rendo conto che servirebbe un tentativo per promuovere un’alternativa seria e credibile agli schieramenti che si candidano ogni volta per contendersi la guida amministrativa. Un tentativo al fine di creare una lista che si proponga di esercitare quel ruolo di opposizione che è indispensabile ad assicurare una situazione di trasparenza democratica ed amministrativa all’interno del Comune. 
L’assenza di un soggetto antagonista, serio e credibile, è indice di scarsa democrazia, di scarsa trasparenza e scarso controllo sull’operato amministrativo. Il problema cruciale è quello di saper aggregare intorno ad un’ipotesi di opposizione intransigente rispetto alle forze egemoni. Un progetto del genere esige la creazione di un collettivo coeso e risoluto, composto da persone oneste, coerenti e disinteressate, disposte a non abdicare di fronte agli ostacoli. Il rischio è che un progetto di alternativa politica possa fallire ancor prima di nascere. 
Tuttavia, rinunciare ad ogni tentativo equivale a cedere all’arbitrio vigente, abdicando alle cricche di potere che ormai imperversano ovunque. Non serve rassegnarsi al malaffare ed alla mala politica, occorre confidare in un'ipotesi alternativa e provare ad attuarla mediante un impegno congiunto e corale che privilegi il bene comune della cittadinanza, malgrado ogni sforzo in tal senso sia un granello di sabbia, per cui è sufficiente un po' di vento a spazzarlo via. Purtroppo, di questi tempi è assai più facile aggregare attorno ad interessi affaristici ed egoistici, non intorno ad un'idea di cittadinanza attiva e democratica.



La vignetta é del Maestro Mauro Biani



 

giovedì 5 maggio 2016

AMMINISTRATIVE E REFERENDUM: UN MATCH IN DUE RIPRESE di Norberto Fragiacomo

AMMINISTRATIVE E REFERENDUM: UN MATCH IN DUE RIPRESE

di

Norberto Fragiacomo




Le amministrative di giugno sono dietro l'angolo, ma anche ottobre si approssima: lo sa bene Renzi, che il primo maggio (è uno sberleffo premeditato, naturalmente) ha dato il via alla campagna per il SI al referendum di riforma costituzionale. Al netto della gragnola di slogan, gli argomenti sono quelli cui il golden boy di Rignano ci ha abituato da un pezzo: accuse di conservatorismo a quanti si azzardano a non pensarla come lui (il mentore Berlusconi avrebbe detto che "remano contro", ma i "gufi" con le barche c'entrano poco), inni alla semplificazione che si fermano al ritornello, spavalde vanterie ben oltre il limite dell'autoincensamento, forse del ridicolo. Approccio da taverna, ma mediaticamente fruttuoso: il merito delle questioni viene accantonato, i critici sono additati come livorosi nostalgici, urlatori senza costrutto e professoroni macchiettistici. Ce l'hanno con me perché sto finalmente cambiando l'Italia - strilla in sostanza -, prova ne sia che "ho abolito il Senato!"

domenica 1 maggio 2016

IL PRIMO MAGGIO di Lucio Garofalo




IL PRIMO MAGGIO
di Lucio Garofalo



Il Primo Maggio è una festa proletaria sorta nel contesto delle lotte portate avanti con forza dal movimento operaio internazionale in una fase di netta e rapida ascesa delle classi lavoratrici.
Oggi siamo immersi nel pieno di una crisi devastante e senza precedenti dal secondo dopoguerra ad oggi. Una crisi profonda e strutturale del capitalismo.
Una crisi socio-economica, oltre che politica, che esige soluzioni per una fuoriuscita definitiva dal sistema capitalista tout-court. L'irrazionalità del capitalismo sta divorando ogni risorsa del pianeta, pregiudicando il futuro fino ad un punto di irreversibilità storica.
La miseria crescente porta ad azzerare gli stessi elementi basilari di civiltà che presiedono ad ogni forma di convivenza umana. Questi sono dati di fatto di una oggettività innegabile ed è esattamente ciò che si sta verificando nell'odierna società capitalistica in decomposizione.

Ho avuto la fortuna di leggere i romanzi di Robert Silverberg, che prefiguravano tutto ciò. Scritti durante gli anni '60, Silverberg, portando fino alle estreme conseguenze i problemi che si offrivano già nella sua epoca, tenta di prevedere gli scenari storici che ne scaturirebbero.
Si tratta soltanto di fantascienza? La fantascienza è un'attività seria, una sorta di sondaggio del futuro ed intuire come in determinate condizioni di crisi planetaria si potrebbero modificare i costumi ed i comportamenti umani, è uno sforzo che esige una notevole dose di intelligenza analitica e creativa.
Nei suoi romanzi, Silverberg descrive i residui umani del pianeta ricondotti ad uno stato in cui l'indole istintuale degli esseri umani riprende il sopravvento sulla civiltà come l'abbiamo conosciuta.

La storia non presuppone teleologie, non ha in sé leggi meccanicistiche come quelle formulate per il mondo naturale, né implica determinismi di sorta. Vi sono limiti oggettivi alla sopravvivenza stessa dell’umanità. L’unica risposta logica è ancora la razionalità con cui poter gestire il pianeta e le sue risorse in un senso più egualitario e prospettico.
Ma non è detto che ciò possa avvenire, poiché il tempo non è affatto un fattore secondario nel determinare gli eventi. Un evento, per definizione, è qualcosa che sarebbe potuto anche non verificarsi.
Pertanto, l'interrogativo comporta un primo corollario: in quali tempi sarebbe possibile? Ed implica un secondo corollario: cosa rimarrebbe all’umanità come risorse vitali sulle quali fare perno per rigenerarsi oltre il capitalismo?
Oggi nessuno è in grado di determinare la velocità di progressione della crisi e molti eventi decisivi non trovano alcun preannuncio, a sufficiente distanza di tempo, per preparare eventuali rimedi.
Ma oggi non è più il tempo degli indugi.


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