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domenica 15 novembre 2015

CHE PROSPETTIVA DI GOVERNO PER LE SINISTRE PORTOGHESI? di Riccardo Achilli






CHE PROSPETTIVA DI GOVERNO PER LE SINISTRE PORTOGHESI?
di Riccardo Achilli




Le sinistre portoghesi stanno dando, con la mozione di censura che ha fatto cadere il Governo di minoranza di Passos Coelho, una speranza ad ampi settori della sinistra. Spiace doversi mostrare bastian contrari, ma l’impressione è che tali speranze non siano sempre del tutto ben riposte. Purtroppo, un conto, molto facile, è identificare un comune nemico, un conto, ben più difficile, è saper proporre una alternativa di governo solida e in grado di affrontare i temi strutturali di fondo.

Nei documenti programmatici sottoscritti fra socialisti, Bloco de Esquerda e comunisti (visibili su http://www.ps.pt/ ) non si enuncia un programma di governo vero e proprio, ma soltanto una serie di obiettivi auspicabili (fine delle privatizzazioni, aumento dei salari, lotta alla precarietà, riforma fiscale più progressiva ecc. ecc.) premettendo che esistono differenze rilevanti, di tipo strutturale, nell'analisi e nel percorso che ogni partito ritiene di dover percorrere per raggiungere quegli obiettivi. 

Nemmeno una parola che una sui due temi fondamentali, senza i quali gli auspici rimangono tali, ovvero il rapporto con la Trojka e la questione del debito pubblico. Non a caso: sono esattamente i due temi sui quali i tre partiti della sinistra portoghese si dividono profondamente. 
Senza un comune sentire su queste tematiche, accettando come inevitabili le differenze strutturali, nel migliore dei casi si formerà un Governo che si schianterà ai primi "niet" della Trojka, oppure che avrà una evoluzione "greca", finendo cioè per accettare nuove misure di austerità (certo i socialisti portoghesi non sarebbero disposti ad uscire dal Pse per sostenere posizioni anche solo blandamente anti-euro). 


Già oggi, in una intervista ad Rtp, il candidato socialista al Ministero delle Finanze, Mario Centeno, chiarisce che si cercherà di attutire l’austerità rimanendo, però, dentro i patti sottoscritti con l’Europa. Come questo sia possibile, senza finire per fare una austerità appena mitigata da qualche decimale di flessibilità, come si sta facendo in Italia, e senza scontrarsi con gli altri alleati di sinistra in un eventuale governo rosso, non è dato sapere né capire.

Ed infatti, con il Governo rosso non ancora formato, arrivano già le prime polemiche. Catarina Martins, portavoce del Bloco de Esquerda, ribatte polemicamente all’intervista di Centeno, criticandolo per non voler parlare di taglio del debito pubblico, chiarendo, minacciosamente, che se l’accordo politico non fosse rispettato, il Bloco potrebbe promuovere una mozione di censura al Governo di sinistra futuro. E soprattutto, annunciando una decisione che il parlamentarismo italiano ben conosce, e che in generale è foriera di grave instabilità di Governo, ovvero l’appoggio esterno. Il Bloco non parteciperà al Governo (http://www.publico.pt/politica/noticia/acordo-nao-e-fragil-mas-se-fosse-mais-longe-be-poderia-ir-para-o-governo-1714165 ).

E’ chiaro che i presupposti per una governabilità reale siano molto fragili. Se non si sbricioleranno ai primi compromessi che dovranno ingoiare, tireranno avanti su una soft austerity, non dissimile da quella di Renzi in Italia, confidando magari che poi vinca Podemos in Spagna, che poi ci sia il Brexit, che poi la sinistra italiana rinasca, che poi la Spd tedesca cambi direzione. Che poi, che poi che poi...Tutte cose che non sono nel potere della sinistra portoghese. Che sono eventuali, che anche se si realizzassero (ed alcune non sono del tutto probabili, ivi compresa una maggioranza Psoe/Podemos/Iu in Spagna) non è detto che produrrebbero effetti positivi consistenti.

Nel frattempo, una posizione così fragile fornisce alla destra portoghese l'alibi per progettare una nuova tornata elettorale, dalla quale il quadro politico nazionale uscirebbe ancor più frammentato, ed a quel punto i socialisti sarebbero chiamati ad una responsabilità nazionale con un esecutivo di larga coalizione, che accetterebbero anche in virtù dell'innesco ad arte di una nuova crisi finanziaria "ad hoc" (già oggi si registrano cali borsistici e le prime avvisaglie di fughe di capitali dal Paese) e della gigantesca pressione che subirebbero dai partiti del Pse. Ed in fondo i socialisti portoghesi esprimono un Costa, ma anche un Socrates, e non tutti sono entusiasti di provare a governare con i comunisti.

Il punto centrale rimane lo stesso, lo ripeterò all'infinito. NON SI CERCA UNA CONVERGENZA EX POST A SEGUITO DI UN RISULTATO ELETTORALE. 
La sinistra, per essere egemone nel proprio Paese e con il proprio popolo, deve discutere prima, affrontare i problemi con la massima franchezza, non metterli sotto il tappeto, riconoscendo che vi sono differenze "ma poi le risolveremo strada facendo", o magari sperando in qualche evento catartico che si produca oltre confine. Non si va da nessuna parte nel modo in cui le tre sinistre portoghesi stanno tentando di affrontare il tema dell'unità e del governo, perché se esistono crepe interne nell'analisi, nella cultura politica, e quindi nella proposta, i fatti del quotidiano si incaricheranno di allargare tali crepe molto più rapidamente della mano di intonaco che si cercherà di mettervi sopra per tirare avanti.

Va ricordato che ogni sconfitta di un tentativo di costruire una unità di governo a sinistra non fa altro che scoraggiare ulteriormente gli elettori, allontanandoli, verso l’astensionismo o verso i movimenti della destra populista. 


13 Novembre 2015

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