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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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lunedì 30 giugno 2014

LA QUALITA' DEL RACCONTO di Giandiego Marigo





LA QUALITA' DEL RACCONTO
di Giandiego Marigo





Sono uno scrittore ed un poeta inedito, nonostante io mi picchi d'essere un buon scrittore. Dico questo non per trovare in questo ambito il mio mentore, ma per fare comprendere il motivo del mio titolo.
La Qualità del racconto è il suo messaggio … ed il modo in cui viene svolto e narrato, non sono questi tempi di contenuti, infatti, sono pochi coloro che riescono a pubblicare in modo decente ed eticamente accettabile … ed ancora meno quelli che li leggono o che sarebbero disposti a farlo. Spesso la forma prevale ed anche il marketing copre il senso stesso di quel che si cerca di scrivere.
Ora, voi mi chiederete, perché ci parli di questo … cosa ci interessa, perché qui?
Molto semplice, perché questo ragionamento si può trasporre, senza abusare della proprietà transitiva, nella vita e quindi anche nella politica. 
Perchè alla fine le cause che motivano e muovono questo vuoto culturale e spirituale sono le medesime.
Stiamo vivendo un periodo di intensa proposta, sin troppa, ad essere del tutto sinceri, personalmente l'ho detto spesso, sembra che ciascuno senta il diritto/dovere di alzarsi la mattina e di proporre un proprio soggetto, personalizzato e su misura, per l'unità della sinistra. Questo è bello ed al medesimo tempo preoccupante e dispersivo e comunque derivato in linea diretta da quella tendenza alla frantumazione infinitesimale che ha caratterizzato e continua a caratterizzare … la sinistra di fine ed inizio millennio.
Quello però che appare costante è la ripetitività dei metodi e dei contenuti. Il clichet, il format.
Sono fra gli assertori della Prima Ora di questa necessità, posso dirlo senza tema di smentita ed ho confidenza con il gioco dell'appello, dell'attesa di adesioni del tentativo di creare un'associazione su scala nazionale … per stimolare e spingere.
Anche adesso Con “Sinistra Unita- AreA di Progresso e Civiltà” sto facendo esattamente questo, insieme ad altri compagni di strada.
Quello che riscontro, al di là della ripetitività, già segnalata ed alla ricorrenza della nascita, ormai quotidiana, di una cordata verso l'unità è però, tristemente, la tendenza all'omissione dei contenuti.
Ci si accontenta, appunto, dell'urgenza, dell'immanenza, della necessità storica.
Si approccia al problema in modo pragmatico e pratico, dando per scontate le premesse, dando per condivisi una serie di accezioni e di fondamenti che si ritengono comuni ed acquisiti … siamo poi così certi che sia così … oppure ci è comodo pensarlo?
È poi così vero che culturalmente e spiritualmente ci sia tutto questo acquisito e condiviso?
Esisterebbe quindi una elaborazione di comportamenti, scelte di vita, fondamenti culturali, scelte spirituali, relazionali … un tessuto ed una filosofia di fondo che ci “accomuna”, ma se questo fosse così vero … non ci si spiegherebbe come si possa essere giunti a questo punto?

sabato 28 giugno 2014

28 GIUGNO: CENTO ANNI DALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE





28 GIUGNO: CENTO ANNI DALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE



Alla rievocazione nazionalista della “gloria italiana” nella “Grande guerra”, in occasione del centenario, a cura dell'imperialismo di casa nostra, ci pare giusto non fare mancare una analisi degli eventi da un'ottica classista. Le parti riportate tra virgolette riproducono il testo della prima parte del Paragrafo 2.1 dell'opuscolo autoprodotto, intitolato “LA GUERRA”, edito nel Giugno 2008. (dal n°18 di "Alternativa di Classe")


“La Prima Guerra Mondiale (1914-’18) [che intitola il Paragrafo 2.1 di “La Guerra” – n.d.r.] ha le sue premesse storiche nella formazione degli Stati nazionali, ancora in atto in tutto il mondo nei precedenti decenni, con i numerosi scontri avvenuti per il colonialismo, sia per la nascita di colonie “di insediamento”, che per quelle a carattere “commerciale”. Soprattutto in queste ultime si rifletteva lo scontro tra i capitali nazionali più forti e potenti, gli Stati controllati dalla finanza: gli imperialismi. Il centro del contendere, il primato economico, fino ad allora detenuto dalla Gran Bretagna (il Paese dallo sviluppo industriale più precoce), veniva insidiato dal grande e relativamente rapido sviluppo, anche coloniale, della Germania; essa, dal 1871, era divenuta impero (Reich), sotto l’egemonia prussiana, dopo la vittoria militare di Sedan dell’anno precedente sulla Francia, che gli aveva portato l’Alsazia e la Lorena. Il vero potere era però detenuto dal Cancelliere O. Bismark, espressione della alleanza conservatrice tra i “junker”, aristocrazia agraria, e gli industriali.” 
Va tenuto conto del fatto che il periodo che precedette la “Grande Guerra”, e che va all'incirca dal 1873 al 1895, fu denominato di “Grande depressione”, in quanto l'economia capitalistica, pur non vedendo cadere i PIL delle principali potenze, registrò cali della domanda di beni e profitti in decrescita, con conseguenti licenziamenti e diminuzione dei salari. Oggi possiamo dire che si trattò storicamente di una “crisi di crescita”, economicamente di sovrapproduzione, con il passaggio al dominio di grandi monopoli, come i trusts, e la diffusione del colonialismo; con la Prima Guerra Mondiale questa crisi fu superata del tutto, con nuovi equilibri di potenze fra gli imperialismi. 
“Negli anni successivi ebbe inizio nei principali Paesi imperialisti una “corsa agli armamenti”, che presto portò a diverse guerre locali (importante, nel 1878, quella “anti – turca” vinta dalla Russia). La Germania, pur con i suoi successi coloniali (soprattutto in Africa), si sentiva accerchiata da Francia e Russia, alleate fra loro fin già dal 1894, nonostante che il “Trattato di Contro-assicurazione” del 1887 firmato con la Russia, avesse previsto, oltre al reciproco disimpegno dai Balcani, la neutralità russa in caso di guerra dei tedeschi con la Francia. Nel 1907 anche la Gran Bretagna si alleò a Francia e Russia, dando luogo alla “Triplice Intesa”. 
Continuando la Russia a premere sui Balcani, vi fu una risposta dell’Austria nel 1908, che occupò la Bosnia e l’Erzegovina, annettendosele. Nel frattempo, nel 1905 e nel 1911 le “crisi marocchine” registrarono la contrapposizione fra Germania e Francia, scaldando ulteriormente il clima internazionale. Così, già prima del Giugno 1914, momento del pretesto, con le due “guerre balcaniche” del 1912-’13, i corpi centrali dei due schieramenti imperialisti che si fronteggeranno nella “Grande Guerra” si erano formati: l’Austria-Ungheria e la Germania da un lato (con l’Italia nella “Triplice alleanza”), la Francia, la Gran Bretagna, la Russia e la Serbia dall’altro.” Stava terminando la “belle epoque”, un periodo considerato “aureo” dalla borghesia europea, visto che gli scontri armati e le stragi erano avvenuti fuori dai suoi territori, e lo sviluppo capitalistico di allora viene ancora oggi considerato, in sostanza, come pacifico... Che stesse finendo lo dimostrarono alla borghesia nostrana, gli scontri della “Settimana Rossa”, avvenuti nella prima metà del Giugno '14 ad Ancona ed in altre località.

giovedì 26 giugno 2014

I RISCHI GLOBALI DI UNA LOCOMOTIVA USA CHE NON RIPARTE di Riccardo Achilli




I RISCHI GLOBALI DI UNA LOCOMOTIVA USA CHE NON RIPARTE
di Riccardo Achilli

Il calo del 2,9% del PIL statunitense, su base tendenziale, al primo trimestre, solo in parte dipende dagli eventi meteorologici sfavorevoli, che al più pesano per un punto. Dimostra infatti come la ripresa degli USA sia drogata da incentivi monetari e dal basso tasso di cambio del dollaro. Nonostante la tendenza ad una continua svalutazione del dollaro sull'euro, rallentatasi soltanto nell'ultimo bimestre (ma il tasso di cambio del dollaro, a giugno 2014, rimane comunque svalutato rispetto a giugno 2013, cfr. grafico sotto riportato, di fonte Bankitalia) il saldo commerciale USA, nel periodo gennaio-aprile 2014, è negativo per 243 milioni di dollari, a fronte del deficit di 232,2 milioni del corrispondente quadrimestre del 2013. Ciò evidenzia una modesta e declinante competitività internazionale, alimentata anche da una dinamica della produttività piuttosto deludente (nel primo trimestre cresce per meno di un punto tendenziale, meno dell'aumento dei salari, con un CLUP che cresce di 1,3 punti sul medesimo periodo).




La domanda interna è debole, e drogata. I consumi privati crescono, nel primo trimestre, soltanto di 0,3 punti congiunturali e di 1,2 punti tendenziali, e a maggio mostrano segnali di regresso (con un calo di acquisti di beni durevoli). Gli investimenti fissi lordi interni crescono del 4,1% su base annua, ma fra ultimo trimestre del 2013 e primo del 2014 diminuiscono del 2,7%, anche a causa della flessione continua degli investimenti pubblici, sia federali, che statali, che locali. Flessione che dura sin dalla seconda metà del 2011, sotto la spinta di politiche di austerità che dovrebbero riportare il deficit federale al  2,8% del PIL nel 2014, dal 4,1% del 2013. Gli investimenti privati, dal canto loro, rallentano perché le imprese stanno rivedendo al ribasso i loro programmi di investimento. Ciò si riflette anche sui prestiti bancari alle imprese, che crescono ancora, ma meno dinamicamente (a maggio crescono, in termini tendenziali, dell'8,8%, a fronte del +12,5% del primo trimestre).

Sebbene la crescita occupazionale proceda a ritmi rapidi (a maggio si sono creati 217.000 nuovi posti di lavoro) e aumentino anche i posti vacanti, come effetto di previsioni imprenditoriali di crescita produttiva nei prossimi mesi (+600.000 fra aprile 2013 ed aprile 2014) alcuni segnali potrebbero lasciar pensare che tale dinamica espansiva stia rallentando. Le ore medie settimanali di lavoro, infatti, a maggio non variano affatto, mentre aumenta il ricorso agli straordinari nell'industria manifatturiera. Segno che alcune imprese potrebbero aver iniziato una fase di ripensamento sui loro programmi di espansione degli addetti nei mesi a venire. D'altra parte, i profitti delle imprese da produzione corrente diminuiscono di 198,3 miliardi nel primo trimestre 2014, e ciò evidentemente avrà effetti restrittivi sui loro programmi di sviluppo dei mesi a venire.
Sembra che senza il tubo del gas dei vari quantitative easings l'economia USA non ce la faccia a ripartire in modo stabile e duraturo, per difetti strutturali di competitività internazionale, e per il ristagno della domanda interna, con i consumi che ancora non ripartono stabilmente, dopo le forti perdite reddituali e patrimoniali subite dalle famiglie negli anni scorsi (l'indice di fiducia dei consumatori a stelle e strisce, sebbene in crescita, a giugno è ancora pari all'85,2%, quindi è lontano dalla baseline di 100), con gli investimenti privati in calo e programmi di sviluppo delle imprese che potrebbero essere rivisti verso il basso, interrompendo la ripresa produttiva ed occupazionale in atto dall'anno scorso, e con una restrizione della domanda pubblica, legata al forte deficit federale ed al superamento del tetto massimo di debito, più volte spostato verso l'alto da un Congresso sempre più riluttante a concedere altri margini all'Amministrazione Obama.

D'altra parte, già oggi il deprezzamento continuo del dollaro riduce fortemente l'impatto delle misure straordinarie adottate dalla Bce lo scorso 5 giugno, e la forzosa prosecuzione di una politica monetaria molto accomodante da parte della Fed (perlomeno sul piano dei tassi di interesse) come reazione all'indebolimento della crescita statunitense, ridurrà ulteriormente tale impatto nei mesi a venire.
Ma, buttando l'occhio oltre la prospettiva immediata, non si può non essere preoccupati da una locomotiva economica primaria, come gli USA, che non riparte senza inondazioni continue di dollari a basso costo, che non riesce quindi ad ingranare la marcia in forma strutturale, e che, con profitti calanti nel settore reale e scarsa e decrescente competitività, non potrà che ritornare a macinare investimenti puramente finanziari, alimentando un nuova bolla speculativa. Gli indizi ci sono tutti. Nonostante la forte decrescita del PIL, infatti, i valori immobiliari continuano a crescere: le mortgage-backed securities, cioè gli inquietanti titoli garantiti da mutui ipotecari sulle case, dopo il punto di minimo toccato a gennaio (1.324 miliardi) hanno ricominciato a crescere sistematicamente, fino a 1.350 miliardi a metà giugno. L'indice Dow Jones dei fondi immobiliari statunitensi registra una rapidissima crescita a partire da inizio anno (cfr. grafico, di fonte DJI). Evidentemente, il nuovo gonfiamento del mercato immobiliare e della finanza legata al mattone negli USA, senza crescita del'economia reale, ha tutto l'aspetto di una nuova bolla finanziaria che si sta gonfiando.





VIOLENZE SESSUALI IN INDIA: CAPITALISMO E BARBARIE di Emanuele Miraglia



Nell’ultimo periodo è balzato agli onori della cronaca il drammatico problema delle diffuse violenze sessuali in India. Le azioni brutali presentateci sui giornali, con stupri di gruppo e omicidi ai danni di alcune bambine, mostrano solo la punta dell’iceberg di quello che è, invece, un dramma quotidiano, che coinvolge migliaia di donne in uno stato di costante sopraffazione e degrado.
 Il protagonista di questa crescente ondata regressiva non è un paese marginale dello scenario globale: l’India è il secondo stato più popoloso al mondo, posizionato al sesto posto nella classifica della produzione industriale e una delle più grandi potenze capitaliste.
La crescita economica è avvenuta all'insegna della quasi totale liberalizzazione dell'economia e di una vasta campagna di privatizzazioni. Ciò ha portato a un'aumento delle disuguaglianze e gli alti livelli di sfruttamento sono stati il fattore determinante per l’arricchimento della borghesia locale e delle multinazionali che hanno lì dirottato gli investimenti. Una società sempre più diseguale non può che vedere peggiorare sempre più la condizione della donna. Tale situazione è anche il terreno di coltura degli istinti peggiori della società, di cui le violenze sessuali rappresentano l’aspetto più barbarico.
Le aggressioni sessuali vengono utilizzate come una vera e propria arma di dominio dalle classi più ricche verso gli strati inferiori della società. Seppure le caste siano ormai da tempo ufficialmente eliminate continuano a sopravvivere nei rapporti reali. Il 90% delle vittime di stupri appartiene alla casta degli “intoccabili”, considerati dalla borghesia e dalle istituzioni come poco più che animali. La polizia corrotta non agisce quasi mai per scoprire i colpevoli dei reati di stupro, specialmente quando le vittime provengono dai settori più poveri della società.
Capiamo quindi come sopraffazione di genere, sopraffazione castale e crescita delle disuguaglianze siano problematiche strettamente correlate, elementi strutturali di un sistema squilibrato e marcio.
E’ smascherata l’ipocrisia del nuovo governo in carica, che in campagna elettorale annunciava di voler risolvere in maniera decisa questa situazione, così come dimostrano le dichiarazioni di Babulal Gaur, ministro della Casa responsabile per la legge e l’ordine nello stato di Madhya Pradesh. Appartenente al Bharatiya janata party (Partito del popolo indiano), di destra, lo stesso partito del Primo Ministro Narendra Modi, egli afferma che “lo stupro è un crimine sociale che dipende dagli uomini e dalle donne” e ancora che “alcune volte è giusto, altre volte è sbagliato”.
L’immagine che vogliamo offrire è, però, ben distante dalla rappresentazione paternalista offerta dai media borghesi, che ci descrivono un popolo arretrato che ha bisogno di prendere lezioni di democrazia dagli stati occidentali (dove anche non mancano maschilismo e violenza di genere).
La crescita industriale ha rafforzato enormemente la classe operaia che presto si stuferà di subire lo sfruttamento e le ingerenze governative e si organizzerà per conquistarsi un mondo migliore. Già oggi migliaia di donne indiane iniziano ad organizzare gruppi di autodifesa e di rivendicazione politica. Il più grande di questi è la così detta “gang dei sari rosa” che, nata nel 2006, conta oggi oltre 20 000 donne e anche qualche uomo. Armate di bastoni e ben organizzate lottano con determinazione per raggiungere i loro obiettivi: fare pressioni sulle forze dell’ordine per registrare le denunce e trovare i responsabili degli stupri, “rieducare” mariti violenti verso mogli e figli, contrastare i matrimoni infantili, offrire formazione e scolarizzazione alle giovani donne. Le loro azioni puntano sempre più alla difesa di tutte le fasce sfruttate della società, come dimostra l’occupazione dell’ufficio di una compagnia elettrica contro i distacchi programmati di corrente in cambio di mazzette o gli interventi per assicurare la corretta distribuzione degli aiuti ai poveri.
Tali mobilitazioni devono essere collegate a quelle del movimento operaio, che ha in India una grande tradizione e che si è reso protagonista di diversi scioperi generali contro le politiche di austerità del Congress .
Questi sono solo i primi segnali degli sconvolgimenti di massa che avverranno non appena la classe operaia indiana si solleverà contro il sistema capitalista, ormai incapace di offrire qualsiasi forma di progresso sociale.

25 Giugno 2014

dal sito FalceMartello


mercoledì 25 giugno 2014

FRA CONFLUENZA E PROMISCUITÀ … CHE SINISTRA È ? di Giandiego Marigo




FRA CONFLUENZA E PROMISCUITÀ  … CHE SINISTRA È ?

di Giandiego Marigo




Comprendo, per carità e solidarizzo con il dramma interiore e profondo di Vendola e dei Vendoliani, i praticanti della terra di mezzo: fra sinistra e PD … fra GUE e PSE … fra color che son sospesi.
Capisco, davvero, e non sottovaluto nemmeno per un secondo il discorso di Niki e la sua prospettiva, ma non sono d’accordo! Non posso pensare che alla sinistra (quella vera, quella che ancora ha qualche diritto a definirsi tale, pur nell’inadeguatezza della definizione) resti la sola scelta fra confluire, collaborare servilmente o scomparire silenziosamente. Non ci sto!
E non è minoritarismo demente ed ignorante, massimalismo libresco ed un poco demenziale, ma la convinzione profonda che dietro a quest’AreA, covi un pensiero altro ed una spiritualità complessa, la convinzione cioè che l’alternativa non sia una pratica utopistica, ma una strada del possibile, anzi l’unica strada possibile, per riconsegnare il mondo ad una dimensione accettabile e umanamente vivibile.

Non pensiate che queste dichiarazioni siano di principio o generali, non lo sono e sono tutt’altro che banali. Le scelte Vendoliane non derivano da gusti personali od unicamente da interessi immediati e poltroniferi, certo esiste questa componente, ma è inserita in una più generale analisi di “necessità pragmatica”, di “possibilità reale di influenza e modifica”, deriva da un’analisi del mondo e dell’intorno … sbagliata e rinunciataria a mio umilissimo parere, ma realistica.
Le “motivazioni” che giustificano le azione di Niki e dei suoi emuli traditori che hanno recentemente “migrato” verso più comodi lidi è “squisitamente”pragmatica, la lettera di Fava lo dimostra al di là di ogni dubbio.

La Sinistra, che io preferisco definire “AreA di Progresso e Civiltà” che stiamo faticosamente e dolorosamente “proponendo” non è e non può essere“Rifondazione2.0”, ma sicuramente non può premette un asservimento forzato dallo “stato delle cose” ad un partito centrista, neo-democristiano, oggettivamente asservito alle elite finanziarie europe e lontano dal socialismo alcuni anni luce … e non mi si parli di PSE e di “Quadro Europeo o Mondiale” , non siamo fra ingenui ragazzini, molti fra noi hanno lunghe pezze di “militanza severa” ed anche i “movimentisti” più giovani ed ingenui sanno che il PD è ed è stato da lungo tempo, pompiere, avversario, tappo, freno, argine … e che “oggettivamente” è “struttura pensante” dell’attuale sistema, non solo garante, quindi , ma motore.
Una relazione “politica” con le truppe ed il comando Neo-democristiano è , forse , necessaria … non possiamo chiuderci in una rocca d’impossibilità e di impotenza, ma essa passa dalla individuazione chiara, non compromissoria e “fortemente definita” di un “pensiero autonomo ed altro”, dalla visione precisa e contornata di uno “sviluppo diverso in un mondo diverso”. Questo deve essere premessa ed ancora questa dichiarazione è tutt’altro che banale, perché dalla sua rinuncia è la forca caudina sotto la quale passare per accedere al mondo dei mangiatori di lenticchie, che è quello che Vendola ed amici stanno praticando in nome del“pragmatismo”.
Che questo mondo poi si divida fra “confluenti” e “collaborativi” è, in qualche modo, ridicolo e divertente … anche se grottesco e fortemente ironico, ma esso parte dalla premessa rinuncia all’alterità della visione,una rinuncia sostanziale al cambiamento in nome dell’emendamento di quel che c’è … ma questo non è sinistra, non è socialismo e non è cambiamento.
Non è evoluzione, non è movimento, non è nulla … è il “Grande Nulla” della terra di mezzo dove il povero Gramsci morirebbe d’inedia e di torpore.
In questo senso i Fava, i Migliore, le Boldrini sono emanazione diretta e filiale (ha ragione Vendola su questo) del pensiero rinunciatario che ha infettato SeL.
Il mio non vuole essere un attacco sconsiderato ed isterico, non ho alcun interesse in questo, le differenze fra me e la gente di SeL sono davvero di scarsa rilevanza di fronte all’esigenza “drammatica” che hanno questo paese e l’intero pianeta di un’AreA di Progresso e Civiltà.
Ma essa, anche per l’importanza della definizione, non può che derivare dalla presa di coscienza e di responsabilità rispetto all’alterità del cambiamento, alla necessità di intervenire sui “meccanismi sistemici” per instaurare un mondo diverso da questo…e questa non è un’utopia, ma una premessa.
Questo Niki lo sa benissimo, tanto è vero che lo usa a piene a piene mani nel suo “normale” affabulare, ma vi è una differza di sostanza fra il dire ed il fare … fra l’essere e il dichiarare.

E , questa differenza, nel progetto originale (sul quale , si badi, potremmo persino essere tutti d’accordo) che mosse SeL era stata individuata … ed immediatamente dimenticata.
L’abbraccio del PD è mortale, si può pensare ad infilarcisi, per aprirci contraddizioni e spostare, solo quando si sia forti, definiti e vaccinati, solo quando si abbia davvero una cultura ed un mondo da proporre e possibilmente una spiritualità salda ed indiscutibile sulla quale fare affidamento quando le sirene si mettono a cantare.

Bandiera Rossa, ridiventa straccio, affinchè il più povero ti sventoli”
                                                                                                              (Pier Paolo Pasolini)



martedì 24 giugno 2014

UN CONGRESSO E QUALCHE RIFLESSIONE di Norberto Fragiacomo



UN CONGRESSO E QUALCHE RIFLESSIONE
di Norberto Fragiacomo




Congresso regionale del PRC a Monfalcone: rispondo all’invito, e mi presento in sede alle nove in punto. Ci sono già Roberto Antonaz, ex assessore e consigliere, e una compagna della Segreteria nazionale, ma dei delegati neppure l’ombra: si scoprirà che l’orario di inizio era stato “fissato” alle nove e mezza/dieci. Avendo il treno per Trieste a mezzogiorno e venti, non gioisco della notizia.
Pian piano arrivano tutti, e si comincia. Franzil, segretario uscente, fa la sua relazione – un discorso piano, facile da seguire, senza acuti. Si toglie qualche sassolino dalla scarpa, legato all’esclusione della lista dalle regionali 2013 e a velate accuse d’intelligenza con la Serracchiani: dov’è andato a finire lo spirito di comunità? Peter Behrens, a capo della Federazione triestina, approfondisce il tema dei rapporti tra PRC e Lista Tsipras: inutile fingere che siano idilliaci, su questioni concrete e ineludibili – come la TAV sul Carso – potrebbe presto consumarsi una drammatica rottura.

Il compagno Antonaz, del Direttivo nazionale, vola più alto, analizzando la situazione politica e sottolineando la deriva a destra del PD, rispetto al quale Rifondazione deve proporsi come forza alternativa. L’intervento propone spunti interessanti, colti in minima parte dagli oratori successivi: pare di assistere a un referendum pro o contro la Lista Tsipras, anche se una compagna goriziana richiama l’attenzione sulla prossima riforma sanitaria regionale. Il PD resta il convitato di pietra, ma c’è spazio per schermaglie tra correnti: pietra dello scandalo è la sigla IAL (la A sta per apprendimento o addestramento? Per “apprendimento”, ci rassicura internet, ma a una combattiva delegata la cosa non va giù: ha costruito il suo interminabile monologo sulle fondamenta, purtroppo ballerine, di un’equiparazione terminologica tra uomini e cani).

lunedì 23 giugno 2014

RIFORME? di Antonio Moscato



RIFORME? 
di Antonio Moscato

Sembra incredibile ascoltare i resoconti delle dichiarazioni sulle “riforme”. Prima di tutto stupisce che tutti i partiti ambiscano a partecipare a questo tavolo, nonostante sia evidente che per il 95% degli italiani il Senato e anche la legge elettorale sono l’ultimo dei problemi. Non si capisce che vantaggio potranno pensare di avere da un senato un po’ ridotto, ma non eletto, bensì nominato, e per giunta con l’odiata immunità tanto cara al politico che delinque, dato che grazie ad essa -  oltre ai tre gradi di giudizio - può contare sul filtro iniziale del voto dei suoi pari…
La riduzione del numero dei senatori per giunta non garantisce la riduzione della loro tradizionale commistione con la grande corruzione, che non dipende dalla presenza di qualche “mela marcia” in un cestino troppo grande, ma da un sistema capitalistico che vive di mega appalti (finanziati con i miliardi dello Stato) per opere poco utili se non dannose, e che possono lubrificare tutti gli ingranaggi (ne ho parlato recentemente in La grande corruzione delle “Grandi Opere”, e La corruzione: false diagnosi, falsi rimedi ). Un sistema che non viene neppure sfiorato riducendo il numero dei senatori. E comunque, ci si domanda, non doveva essere ridotto anche quello dei deputati, che per giunta non sono stati più al sicuro dalle tentazioni?

domenica 22 giugno 2014

DE PROFUNDIS PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE di Norberto Fragiacomo




DE PROFUNDIS PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
di Norberto Fragiacomo


La giovanissima Marianna, evanescente Mater Dolorosa apparsa per miracolo a Palazzo Chigi, boccia senza appello la “non responsabile opposizione” dei sindacati alla riforma della Pubblica Amministrazione, da lei definita “l’inizio di una rivoluzione contro i tre nemici (dello Stato, ci informa Repubblica): opacità, lentezza e complicazione”. Opposizione irresponsabile perché, come ci vien ripetuto anche mentre dormiamo, il Governo Renzi è per l’Italia “l’ultima spiaggia” (e pazienza se abbondantemente minata).
Ammirati dalla tempra della ministra e dalle sue capacità comunicative – memoria ottima, tra l’altro: non ha saltato uno slogan! -, saremmo tentati di crederle sulla parola, ma non possiamo: dopo tanti anni nel mondo delle fiabe, la fatina potrebbe avrebbe aver preso gusto a raccontarcele.
Di testi (del disegno di legge delega e del decreto abbinato, tanto per semplificare le cose) ne sono circolati in rete più d’uno: eseguirò pertanto una sorta di preventivo controllo a campione, rimandando l’analisi articolo per articolo ad un prossimo futuro. Il decreto legge consta di quattro Capi, ripartiti in una quarantina di articoli, il DDL, buffamente intitolato “Repubblica semplice”, di tre (12 articoli).

venerdì 20 giugno 2014

L'ALTERNATIVA AL BLOCCO DI MARMO di Carlo Felici

    

L'ALTERNATIVA AL BLOCCO DI MARMO
di Carlo Felici


Questo mio intervento vorrebbe parlare della sinistra italiana senza mai nominare la parola sinistra, ma, come è evidente, è già sbagliato in partenza perché l'ho già nominata due volte..direi troppe, sarà quindi meglio mettere un punto e andare a capo, come se non avessi già scritto nulla.
Perché, in effetti, il rischio che si corre in questo caso, è proprio quello di parlare del nulla.
Ma quand'è che si parla e si straparla del nulla? Spesso e volentieri quando non si vuole parlare concretamente di altro, di ciò che conta davvero.
E in Italia quel che conta davvero è il degrado politico, civile, morale e infine della stessa democrazia a cui stiamo assistendo, paradossalmente anche ad opera di chi ha messo l'attributo democratico nel suo simbolo.
In un contesto fossilizzato a monte dall'imperativo categorico ma non kantiano, perché assolutamente immorale, dell' “alternativlos” (la assoluta mancanza di alternative all'assetto economico imposto dal neoliberismo), la vera parola “eversiva” (nel senso etimologico di svolta radicale) non è dunque “sinistra” (e già sono tre volte che mi rinnego) ma più autenticamente “alternativa” o “antagonismo”. La ricerca cioè di un modello di sviluppo e di sistema diversi, fin dalle fondamenta, rispetto a quello vigente.
E non è difficile, se usciamo dai parametri embedded della mediocre mediaticità dominante, non è difficile perché l'inverso di un sistema fondato sulla riduzione dell'essere umano a merce per fini di profitto e sulla conseguente sistematicità di tale assunto a tutti i livelli, persino scolastici e formativi, con l'immiserimento del percorso di studi in una serie interminabile di crediti e di debiti (nemmeno la cultura fosse una sorta di labirinto bancario), ebbene, il contrario di tutto ciò è l'alternativa del bene comune anteposto agli interessi di parte, individuali e collettivi. Un bene comune che è, in primis, lavoro per la comunità e, parallelamente ed indissolubilmente, una sinergia ed un rispetto per le risorse naturali che lo consentono: quelle fonti, possibilmente rinnovabili, che accrescono la ricchezza data dalla biodiversità a tutti i livelli.

martedì 17 giugno 2014

IL NUOVO CULTO DI BERLINGUER di Antonio Moscato



IL NUOVO CULTO DI BERLINGUER

di Antonio Moscato


Berlinguer era stato dimenticato per anni, come Togliatti, d’altra parte. Il “nuovismo” imperante negli ultimi decenni nell’area che proveniva dal PCI non aveva bisogno di riferimenti a predecessori lontani. In genere si usava retoricamente il solo Gramsci, come martire e come grande pensatore, mutilato e deformato però dalla lettura che ne facevano Beppe Vacca e la sua numerosa scuola, che escludeva totalmente il Gramsci dell’Ordine Nuovo, interprete dell’esperienza dei soviet in Italia, e stravolgeva il senso di molte osservazioni forzatamente criptiche del Quaderni dal carcere, in particolare leggendo il tema dell’egemonia come un’anticipazione di molte scelte togliattiane di collaborazione di classe, ovviamente nascondendo il cenno gramsciano a Lenin come esempio di applicazione corretta dell’egemonia.

domenica 15 giugno 2014

IL 28 GIUGNO TUTTE/I A ROMA PER UN CONTROSEMESTRE POPOLARE DI LOTTA!


Pubblichiamo l’appello per una manifestazione nazionale a Roma il 28 giugno. Il concentramento è previsto alle ore 15 in piazza della Repubblica a Roma.

Le elezioni europee hanno visto in Italia un risultato in controtendenza con quelli di tutti gli altri paesi devastati dalle politiche di austerità. Il nostro è il solo paese, assieme alla Germania, dove le forze di governo che hanno approvato e gestiscono il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio hanno avuto successo. Questo non solo,per la passività e la paura che la crisi ha diffuso, ma anche perché sinora il confronto e lo scontro politico nel nostro paese hanno ignorato la questione Europa, salvo eccezioni positive che però sinora non hanno cambiato la tendenza di fondo. I rischi ritorno del nazionalismo, della xenofobia sono un altro frutto amaro delle misure di austerità,
Anche le lotte, a differenza degli altri paesi colpiti dalle politiche economiche della Troika , fin qui sono rimaste sul terreno dello scontro immediato e hanno lasciato sullo sfondo la contestazione dei ferrei vincoli che l’austerità europea ha posto alla democrazia e ai diritti sociali e del lavoro
È ora di superare questa arretratezza italiana, è ora di mettere in campo anche da noi la contestazione nei confronti dell’Unione Europea fondata sui trattati neoliberisti, da Maastricht al Fiscal Compact, e sulle le politiche di austerità, per rompere il dominio sulle nostre vite da parte delle sue istituzioni formali e informali, a cominciare dalla BCE e dalla Troika.
Dal 1° luglio il governo italiano per sei mesi terrà la presidenza dell’Unione Europea. Noi faremo di questo l’occasione per contestare le scelte politiche e le istituzioni dell’UE, vogliamo che in Italia cresca un movimento convergente con quelli di tutti i paesi europei, per costruire un’alternativa politica, sociale ed economica ai Trattati dell’Unione Europea.
Per tutti i centri di potere economico, finanziario e politico il semestre italiano sarà l’occasione per continuare nell’austerità con i suoi terribili vincoli, mascherandola con una finta ridiscussione degli obblighi comunitari. Per il potere sarà l’occasione per rilanciare le controriforme liberiste e autoritarie presentandole con lo slogan “lo vuole l’Europa”.
Per noi questo semestre deve essere l’occasione per organizzare l’informazione e la mobilitazione contro l’UE e l’asservimento del governo ai diktat della Troika, per mobilitarci contro le politiche del lavoro che hanno portato alla riforma Fornero delle pensioni e al Jobs act, tutte ispirate dalla politica di precarizzazione e distruzione dei diritti del lavoro decisa dall’UE. Per mobilitarci contro la disoccupazione di massa, la precarietà, i licenziamenti e le delocalizzazioni. Per dire basta alla schiavitù e alle deportazioni dei migranti. Per fermare le privatizzazioni e la distruzione dei servizi pubblici e dei beni comuni. Per fermare la devastazione ambientale nel nome delle grandi opere. Per fermare gli sfratti e i pignoramenti. In tutti i paesi dell’UE si portano avanti queste politiche, per questo il nostro NO vale per l’Italia e vale per tutti i paesi europei.
Noi vogliamo la fine immediata delle politiche di austerità e rigore e per questo è necessario che crolli tutta l’impalcatura di trattati e vincoli che vengono usati dai governi per sostenere queste politiche di distruzione sociale. Chiediamo e ci mobilitiamo per far si che l’Italia denunci unilateralmente il Fiscal compact e il MES con tutti i regolamenti ad essi collegati, che hanno accentrato il potere decisionale delle politiche pubbliche nelle mani di una oligarchia che risponde solo ai mercati. Chiediamo che venga cancellato il pareggio di bilancio iscritto con i voti del PD e del PdL in Costituzione. Chiediamo la rottura di tutti i vincoli e le compatibilità che nel nome del rigore ci hanno portato a questo disastro sociale. Vogliamo costruire una politica che riconquisti i diritti democratici su tutti i principali strumenti della economia, dalla gestione del debito pubblico all’uso della moneta per varare politiche di espansione dell’occupazione, di riconversione ecologica delle produzioni, per la garanzia dei servizi pubblici e dei diritti sociali, per lo sviluppo del welfare e l’autodeterminazione delle donne.
Noi rivendichiamo Costruiamo la mobilitazione e la lotta popolare per un programma immediato per il lavoro che cancelli la legge Fornero sulle pensioni e tutte le leggi sulla precarietà, che blocchi i licenziamenti nel privato come nel pubblico, che fermi le delocalizzazioni e le esternalizzazioni. Che restituisca salute e dignità al lavoro. Che garantisca un reddito a tutti i disoccupati.
Noi vogliamo costruire Costruiamo la mobilitazione e la lotta popolare per la democrazia, distrutta attaccata dal sistema di potere autoritario ed oligarchico che, nel nome dell’Europa, calpesta gli stessi principi costituzionali con leggi elettorali truffa e nei luoghi di lavoro con accordi come quello firmato da CGIL CISL UIL e Confindustria il 10 gennaio, che viola la Costituzione affermando che solo chi firma gli accordi ha diritto alla rappresentanza.
Noi crediamo sia necessario che il semestre italiano divenga un Controsemestre Popolare e di Lotta nel quale i principi, le istituzioni e i poteri che sono a capo delle politiche d’austerità vengano contestati punto per punto, momento per momento. Costruiamo un fronte ampio delle forze politiche, sindacali e sociali affinché il semestre del governo italiano in Europa diventi un Controsemestre popolare che contrasta con la mobilitazione e la lotta le istituzioni, i poteri dell’UE e le varie politiche di austerità.
Vogliamo riprendere la lotta per la pace e contro la politica di guerra e di riarmo che è perseguita con determinazione sempre più aggressiva da parte dell’Unione Europea subalterna agli Usa e alla NATO. Ora, dopo la Jugoslavia, la UE e la Nato delocalizzano una nuova guerra ai propri confini, in Ucraina.
Proponiamo quindi a tutte e tutti coloro che hanno partecipato alle mobilitazioni di questi anni e che oggi lottano, di costruire assieme un percorso comune per tutti questi sei mesi, nel pieno rispetto, anzi riconoscendo il valore, delle diverse pratiche, esperienze e culture e valorizzando anche l’articolazione delle iniziative. E nella comune forte solidarietà con chi è colpito dalla repressione.
Proponiamo quindi una manifestazione nazionale con corteo a Roma il 28 giugno per inaugurare così il Controsemestre popolare. Vogliamo accompagnare questo appuntamento con incontri e confronti tra tutte le forze e le persone che si oppongono all’austerità, ai Trattati Europei e ai governi che la perseguono.
L’11 luglio saremo in piazza a Torino contro il summit dei governi europei sulla precarietà e la disoccupazione di massa.
Il Controsemestre dovrà continuare con iniziative e confronti, lotte e mobilitazioni sia territoriali che nazionali che percorrano tutti i prossimi mesi. Dobbiamo per la prima volta far davvero sentire in Europa la voce di un popolo che sta con coloro che, a partire dalla Grecia, subiscono e combattono i diktat della Troika. Il Presidente del Consiglio Renzi ci accusa di essere dei “gufi” che si augurano il suo fallimento e quello delle politiche che persegue. Occorre dimostrare che chi lotta non fa sconti a nessuno.
Invitiamo da subito a preparare con assemblee locali unitarie la manifestazione del 28 giugno a Roma, la mobilitazione e corteo di Torino dell’11 luglio e il programma del Controsemestre popolare e di lotta.
Le prime adesioni all’appello:
Sindacati
Usb,
Il Sindacato è un’altra cosa/Cgil
Cub Lazio,
Reti, movimenti, coalizioni:
Ross@,
Noi Saremo Tutto,
Campagna “Noi restiamo”,
Forum dei Movimenti per l’Acqua pubblica,
Movimento Immigrati e Rifugiati
Partiti e organizzazioni:
Partito Comunista dei Lavoratori
Partito dei Comunisti Italiani
Partito della Rifondazione Comunista
Rete dei Comunisti
Sinistra Anticapitalista,
Carc
le adesioni vanno inviate a: controsemestre@gmail.com


mercoledì 11 giugno 2014

IL GRUPPO DELLA SINISTRA UNITARIA EUROPEA (GUE): UN PO’ DI CHIAREZZA di Jacopo Custodi



IL GRUPPO DELLA SINISTRA UNITARIA EUROPEA (GUE): UN PO’ di CHIAREZZA


La probabile alleanza al Parlamento Europeo tra il M5S di Beppe Grillo e Nigel Farange, leader dell’UKIP britannico (una scissione di destra del Partito Conservatore della Thatcher), ha riaperto la discussione sui ruoli e sui programmi dei gruppi politici al parlamento europeo. È quindi necessario analizzare sinteticamente anche il Gruppo della Sinistra Unitaria Europea (GUE), che raccoglie i deputati europei dei vari partiti di sinistra. Iniziamo col numero dei seggi: saranno 48, e non 45 come scrive frettolosamente Aldo Giannuli sul suo blog. Fino a pochi giorni fa avrebbero dovuto essere 50, ma i comunisti greci delKKE hanno dichiarato che lasceranno il GUE, in opposizione al crescere della popolarità di Alexis Tsipras, che in Grecia attaccano veemente chiudendosi in un duro settarismo. I suoi 2 europarlamentari siederanno quindi tra i non-iscritti (dove sono presenti anche i loro connazionali nazisti di Alba Dorata), condannandosi alla marginalità politica all’interno dell’europarlamento.

martedì 10 giugno 2014

UNA ANALISI UN PO' PIU' STRUTTURATA DEL VOTO A LIVORNO di Riccardo Achilli







UNA ANALISI UN PO' PIU' STRUTTURATA DEL VOTO A LIVORNO
di Riccardo Achilli


E' cambiato in profondità un blocco sociale che aveva garantito decenni di governo, sotto i colpi della crisi, della disillusione, di oggettivi dati di malgoverno, soprattutto della Giunta Cosimi. Ruggeri prende circa 2.500 voti in meno rispetto al primo turno. L'astensionismo fra primo e secondo turno ha quindi colpito essenzialmente lui. C'è stato evidentemente un distacco di elettorato fra primo e secondo turno, forse favorito dall'idea che Ruggeri avrebbe vinto comunque, però certo anche non fidelizzato sufficientemente dalle proposte dell'ultima tornata di campagna elettorale. Nogarin prende, invece, 19.000 voti in più rispetto al primo turno: sono affluiti in una buona proporzione i voti dell'estrema sinistra di Raspanti, schieratosi con Nogarin dopo il primo turno (14.000 voti), il che significa che gli appelli a non seguire l'indicazione di voto di Raspanti, provenienti dal centrosinistra, in larga misura non sono stati ascoltati. Sono affluiti anche molti voti della destra sociale lepenista della Amadio (4.000 voti), anch'essa schierata con Nogarin dopo il primo turno, e probabilmente diversi voti, non ancora quantificabili, in uscita dal PD.

Il blocco sociale di riferimento che da sempre garantiva stabilità di governo alla città si è spezzato, e non è una rottura recuperabile a breve; anzi, probabilmente è semplicemente irrecuperabile. L’analisi sociale del voto non è semplicissima: i dati ufficiali per sezione del Comune ci dicono che Ruggeri ha vinto, sia pur di misura, in quartieri operai come Sorgenti, La Rosa, Coteto/Salviano, l’area fra il Picchianti e la Provinciale Pisana, e vince anche nelle sezioni di via Zola, cioè nel quartiere Garibaldi-San Marco-Pontino, che certo non è un quartiere borghese (lo posso dire io che ci abito). E Nogarin vince in altri quartieri operai come Corea o Shangai, ma fa l’en plein in zone piccolo-borghesi come Ardenza o Antignano, e nei quartieri “ricchi” e borghesi del lungomare e dell’area fra piazza Roma, via Marradi e viale Petrarca. O ancora nelle zone più borghesi del centro.

lunedì 9 giugno 2014

FERRERO: “ANDIAMO AVANTI E COSTRUIAMO LA SYRIZA ITALIANA”

Paolo-Ferrero







Visti i molti commenti che vedo sulla rete – a volte indecenti ed un po’ ipocriti – voglio ribadire la mia solidarietà a Barbara Spinelli, che qualcuno sta trasformando in un vero e proprio capro espiatorio. Pur in presenza di un dissenso rilevante sulla scelta fatta, considero questo un degrado della cultura politica della sinistra da cui prima ci liberiamo e meglio è. Molti diranno che faccio questa affermazione perché con la scelta della Spinelli rifondazione viene favorita. Comprensibile. Questo fatto però non annulla la verità e vorrei far notare alcuni elementi che vengono bellamente dimenticati e in alcuni casi volutamente rimossi.
In primo luogo è evidente che la Spinelli non voleva candidarsi ne essere eletta. Ha accettato la candidatura nel collegio di Roma dove risiede dopo molte pesanti pressioni. Dopo l’uscita di Camilleri e Flores dal gruppo dei garanti la Spinelli ha accettato di essere candidata anche al Sud – come seconda il lista – e nelle isole. Fino a qui non ho sentito nessuno sollevare obiezioni perché tutti ritenevamo la Spinelli un valore aggiunto. Pongo una domanda: ma se la Spinelli avesse detto allora che avrebbe accettato il seggio, non sarebbe più stata candidata? Visto che conosco la risposta passo oltre.
Dopo il risultato elettorale in cui la Spinelli ha avuto un grande consenso arrivando prima nel Centro e nel Sud – nelle isole è risultato primo per preferenze il compagno di SEL – molti le hanno chiesto di accettare il seggio. Non solo molti elettori ma anche i garanti, Tsipras, così come sia Vendola che il sottoscritto abbiamo detto che la sua elezione sarebbe stato un valore aggiunto per la lista. Quando sono stato a Bruxelles nei giorni scorsi per la presidenza del partito della sinistra europea, tutti mi chiedevano se la Spinelli avrebbe accettato il seggio perché è evidente che nel parlamento europeo questo sarebbe stato un fatto di grande prestigio per il gruppo del GUE e per rafforzare la nostra prospettiva politica: contro questa Europa non in nome del nazionalismo ma in nome di un’altra Europa che trovava nel nome di Spinelli il suo punto di partenza. Poteva la Spinelli non ascoltare queste richieste? Certo che si, ma non venitemi a dire che i problemi sarebbero stati minori. Sul piano politico io lo avrei considerato un errore, un grave errore.
Nelle discussioni che sono seguite – comprese quelle relative alla politica – visto che sono venute fuori posizioni di rapporto con il PD che nulla avevano a che fare con lo spirito della lista – voglio testimoniare che sia il sottoscritto che Fratoianni abbiamo escluso il ricorso al sorteggio per decidere in quale collegio doveva essere eletta la Spinelli.
A questo punto mi domando e vi domando: ma che cosa doveva fare la Spinelli se non scegliere il suo collegio, quello di Roma, dove era stata messa capolista, permettendo che il Sud eleggesse un suo candidato? Io non vedo francamente cosa altro avrebbe potuto fare.
Questo mio ragionamento ha una obiezione ed è il carattere verticistico della decisione. Vero, peccato che tutta la lista sia stata costruita dall’alto e che per certi versi la sua costruzione dall’alto sia stata la condizione per costruire la lista stessa. Io in questi mesi ho litigato sovente con i garanti, Spinelli compresa. Ho litigato sul simbolo, perché consideravo sbagliatissimo non mettere la parola sinistra. Ho litigato sul modo per nulla partecipato di costruire le liste – avevo proposto le primarie per almeno metà lista – ho litigato sulla non presenza del PdCI – per la parte di responsabilità che riguarda i garanti – e così via. Ho litigato ma non ho mai fatto dipendere da questi dissensi l’adesione di rifondazione alla lista e nemmeno una polemica pubblica, proprio perché mi era chiaro che questo progetto si poteva fare così oppure non se ne sarebbe fatto nulla. Mi sono tenuto responsabilmente il mio dissenso senza polemizzare. La decisione sugli eletti è l’ultimo passo di questo percorso, di una lista costruita dall’alto e in cui il prestigio di alcune persone ha permesso di attivare una partecipazione ed un consenso più ampio dei confini dei partiti.
Si può proseguire così? Nemmeno per sogno. Il successo della lista ha posto all’ordine del giorno la costruzione di una Syriza italiana, di una sinistra degna di questo nome anche in Italia. Ma questa non potrà che essere costruita con un metodo radicalmente diverso da quello della lista: piena democrazia e partecipazione. E’ quello che abbiamo sintetizzato nella formula una testa un voto.
La definizione degli eletti è stato l’ultimo passo della lista. Adesso dobbiamo cominciare il nuovo percorso della costruzione della sinistra e l’appuntamento del 19 luglio è il primo passo in questa direzione.

dal sito Sinistra Umbra

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