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sabato 10 agosto 2013

IL TESORO DELLA SIERRA MADRE di Stefano Santarelli



IL TESORO DELLA SIERRA MADRE
di Stefano Santarelli

Nella sterminata produzione cinematografica hollywoodiana vi è un film che può vantare uno strano e fino ad oggi impareggiabile record: è l’unica opera in cui un padre ed un figlio hanno vinto entrambi un Oscar per lo stesso film. Ci stiamo riferendo, ed il lettore più informato se n’è già accorto, al “Tesoro della Sierra Madre” che nel 1948 permise al giovane John Huston di vincere il Premio Oscar per la Regia e la migliore sceneggiatura e al padre, Walter,  quello come migliore attore non protagonista.
Tratto da un romanzo di un misterioso ed enigmatico autore, B. Traven la cui identità non era nota neanche al suo editore, pubblicato in tedesco negli anni ’20, costituisce una spietata denuncia al materialismo e al capitalismo. Questo sconosciuto autore riteneva che se la gente non avesse avuto proprietà e non avesse avuto illusorie ambizioni non vi sarebbero state guerre ed il capitalismo sarebbe stato sconfitto. Inoltre in questo romanzo viene duramente contestata l’oppressione degli indiani da parte degli spagnoli ed è duramente critico sul ruolo della Chiesa cattolica in questa ingiustizia. Esso narra la storia di due avventurieri che nel Messico rivoluzionario coinvolgono un anziano cercatore d’oro in una caccia a questo metallo prezioso, ma quando verrà trovata una ricca vena d’oro nonostante il duro lavoro per estrarlo alla fine prevarranno l’avidità, il tradimento ed il furto e di questo tesoro non rimarrà più nulla.
Ma chiunque sia stato l’autore, questo romanzo venne pubblicato negli Stati Uniti nel 1935 e richiamò l’attenzione di un giovane sceneggiatore e regista della “Warner Brothers”: John Huston,  il quale nel 1941 aveva diretto e scritto la sceneggiatura di un capolavoro del cinema noir  “Il mistero del falco”  tratto dal celebre romanzo di Dashiell Hammett il quale già era stato portato sullo schermo nel 1931 e 1936 , peraltro senza successo.
In questo film il giovanissimo Huston con un budget molto limitato che lo obbliga a girare questa pellicola tutta in interni, realizza questo leggendario film grazie anche all’eccezionale interpretazione di Humphrey Bogart, il quale diventerà il suo attore preferito.
Huston fece di tutto per assicurarsi i diritti del romanzo di Traven volendo fare del “Tesoro della Sierra Madre” una continuazione ideale del celebre film tratto dal romanzo di Hammett.
Il  romanzo di Traven era già stato scartato dai dirigenti della Warner Brothers in quanto era troppo triste. Non vi sono intrecci amorosi, non vi sono ruoli femminili e non vi è neppure un lieto fine. Oltretutto sia nel romanzo come nel film vi è un’atmosfera impregnata da una profonda malinconia. Insomma tutte caratteristiche negative per un film degli anni ’40/50.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale fa richiamare nell’esercito con il grado di tenente Huston,  dove girerà interessanti documentari militari, mentre Humphrey Bogart diventerà una delle maggiori stelle di Hollywood con film come “Casablanca” e “Il grande sonno”.
Una Star in fondo estremamente anomala nel firmamento hollywoodiano: un vero e proprio antieroe di mezza età e con un fisico certamente non paragonabile ai Clark Gable, Robert Taylor o Tyrone Power. Ma proprio per queste sue caratteristiche rimane un attore ancora oggi moderno ed attuale.
Bogart alla fine del ’46 firma un contratto redditizio con la Warner che gli garantirà un film all’anno e 200.000$ a film e nel contratto viene anche certificato il progetto di  un film tratto dal romanzo di Traven.
Mentre Huston era impegnato nel servizio militare la Warner inizia a tentare di produrre il film: ben quattro sceneggiatori lavorano su questo progetto ed una delle versioni è addirittura ambientata a Los Angeles.
Ma con il rientro di Huston ad Hoolywood questo progetto diventa realtà. Si assicura immediatamente la partecipazione di Bogart a questo film e nella sceneggiatura che scrive inserisce delle modifiche molto interessanti che rendono l’opera più adatta al cinema. Il personaggio di Bob Curtin, interpretato da un giovane ed ingenuo Tim Holt, viene “addolcito” e diventa il contro-ego del personaggio interpretato da Bogart, per questa parte era stato preso in considerazione il più celebre e futuro presidente americano Ronald Regan.
Tim Holt era un discreto attore di western di Serie B il quale aveva però avuta una piccola parte nel celebre film del 1942 di Orson Welles  “L’orgoglio degli Amberson”, ma purtroppo nella sua carriera non riuscirà ad emergere nonostante la bella interpretazione di questo film dove riesce a fronteggiare ed anche superare attori di grande levatura come Bogart e Walter Huston.
Nella parte dello sfortunato Cody, un altro avventuriero che vuole entrare in questo gruppo che ha scoperto questa vena d’oro e che verrà ucciso dai banditi messicani viene scelto un ex atleta olimpionico che aveva partecipato nel 1932 nella gara del lancio del peso, Bruce Bennet,  il quale diede una certa forza e realismo a questo personaggio senza renderlo eccessivo.
Il film viene girato quasi interamente in Messico, d’altronde l’influenza del neo realismo italiano si era fatta sentire,  come abbiamo visto in un mio articolo precedente, anche nel cinema hollywoodiano. (vedi http://stefanosantarelli.blogspot.it/2012/08/un-uomo-tranquillo-di-stefano-santarelli.html).
La parte di Howard, il vecchio cercatore d’oro viene assegnata al padre di Huston, Walter,  un vecchio attore il quale non era mai stato una stella di primissimo piano, ma che ha influenzato notevolmente il figlio John nella sua carriera cinematografica. Huston obbliga il vecchio padre a recitare senza la dentiera rendendo così molto più realistica la figura di questo vecchio cercatore che si caratterizza per la sua umanità nei confronti della popolazione messicana e per il suo amore per la terra. Significativo è il suo celebre saluto di ringraziamento alla montagna dove hanno estratto l’oro: “Grazie montagna!”.
Bisogna notare che l’interpretazione di Bogart era estremamente diversa da quelle precedenti e non ebbe il parere favorevole dei suoi fans che lo volevano invece vedere con il classico trench interpretando personaggi come Sam Spade o Philiph Marlowe o vederlo coinvolto sentimentalmente come in “Casablanca”. Effettivamente Dobbs, il personaggio interpretato da Bogart è un personaggio ripugnante che nel corso del film diventa un pericoloso paranoico. Ma costituisce una delle più belle, se non la più originale, recitazione di Bogart  che preannuncia l’eccezionale interpretazione del comandante del Caine.
Bogart, e sembra impossibile obiettivamente parlando, non ottenne l’Oscar per questo film come non l’ottenne neanche per “L’ammutinamento del Caine”, prendendolo invece alcuni anni dopo per “La regina d’Africa” diretto dallo stesso Huston. Una interpretazione questa francamente minore, a nostro avviso, rispetto a questi due film.
Da notare che lo stesso John Huston recita in questo film in un piccolo cameo interpretando l’uomo che con l’abito bianco viene avvicinato da Bogart per avere l’elemosina.

Va segnalato che il film del 1953 interpretato da Gary Cooper, Barbara Stanwych e Anthony Quinn (Ballata selvaggia) con la  bellissima canzone di Dimitri Tiomkin cantata da Frankie Laine compie nella sua prima mezz’ora un vero plagio nei confronti dell’opera di Huston, un plagio che inesplicabilmente è passato sotto silenzio anche se  costituisce la parte più interessante di questa pellicola. “Ballata selvaggia” che rese famoso in tutto il mondo il nome della protagonista, Marina, poi si riduce in un noioso e poco convincente triangolo tra la Stanwych e i due interpreti maschili.
All’epoca “Il tesoro della Sierra Madre” non ottenne, nonostante i tre Oscar, un successo di pubblico anche se oggi questo film viene considerato uno dei capolavori del cinema americano. La profonda malinconia di cui è intriso questo film, il pessimismo sulla natura umana è così pregnante ma anche inafferrabile come l’oro della Sierra Madre che il vento riporta nella terra da cui gli uomini l’hanno setacciato.


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