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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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venerdì 4 gennaio 2013

Il canto di un cigno nero... e rosso



IL CANTO DEL CIGNO



Sono circa trentacinque anni che partecipo alle lotte dei lavoratori e degli studenti, nelle piazze, con gli scioperi e con le manifestazioni, memore della lezione che ebbi quando iniziai nel lontano '77.
Allora infatti capii che la creatività, la fantasia, l'inventiva e soprattutto la determinazione ad agire contavano molto di più dei programmi, delle parole, delle ideologie, delle coalizioni politiche o dei proclami.
Circa cinque anni fa mi sono lasciato indurre ad entrare nella politica dei partiti, perché ritenevo fosse importante dare un contributo affinché le istanze della sinistra, fuoriuscite dal parlamento a causa delle dabbenaggini dei cosiddetti “forchettoni rossi” e per la volontà scientifica di desertificazione del Partito Democratico, di tutto ciò che compare alla “sua sinistra”, potessero tornare ad emergere e a risaltare di nuovo nelle istituzioni politiche, in nome di quello che nel mondo è ancora un nobile ideale ed anche un concreto e fondamentale indirizzo di vita: il Socialismo.
Mi sono quindi impegnato per far nascere e crescere una associazione socialista in grado di rilanciare e, se possibile, rendere trasversale, nella sinistra, questo nobile intento, affinché fosse condiviso e rinnovato, e magari attuato in una nuova e più concreta aggregazione politica.
Purtroppo, allo stato attuale delle cose, devo ammettere senza mezzi termini ma con molta onestà, il mio pur "nobile" fallimento.
Quella che allora era una speranza aggregativa, la Lega dei Socialisti, si è prima divisa in varie altre correnti e strutture associative, più o meno eterodirette da altri partiti..PSI..SEL..PD, e poi è definitivamente naufragata nella sua inerzia, proprio nel momento in cui ci si aspettava da essa uno scatto decisivo, un colpo di reni, la capacità cioè di emergere con le proprie forze, diventando a tutti gli effetti un soggetto politico vero. Mi sono infine rivolto a un piccolo partito che ritenevo fondamentale per far lievitare di nuovo un progetto di sinistra avanzata, culturalmente evoluta e ben determinata nel perseguire programmi e indirizzi concretamente innovativi: il nuovo Partito d'Azione, non contaminato dai giochi sporchi della politica di palazzo. Ma temo che anch'esso vada a cercare spasmodicamente uno spazio politico nelle stanze del potere, in lista con altri o da solo.

Nel frattempo, in questi ultimi anni, ho visto peggiorare il tessuto politico, economico, morale e civile di questo Paese in maniera esponenziale, tanto che mai, e dico mai, mi sarei aspettato nella mia vita, iniziata in un tempo in cui c'erano grandi speranze e un avvenire assai luminoso, e continuata nella lotta strenua contro nemici implacabili della democrazia italiana, come il terrorismo e le mafie, che si potesse arrivare alla sua pietosa abdicazione nei confronti di una legge elettorale infame prima, e prostrarsi infine alla tutela di un tecnocrate timocratico a cui sono state consegnate le sue spoglie inermi e ormai violentate.
Lui, che con toni altisonanti e accorati ha cercato persino di accreditarsi come salvatore della Patria, nominato da chi la Patria l'ha vista soprattutto con il caleidoscopio delle sue mutazioni, ma che, concretamente, ne ha celebrato il funerale, massacrando gli italiani di tasse, togliendo loro diritti essenziali e tutele nel mondo del lavoro, accanendosi con tagli indiscriminati nei servizi sociali anche a danno delle categorie e dei soggetti più deboli, come i disabili. Regalando altri milioni alla scuola privata, tolti a quella pubblica, tentando persino di aumentare il carico di lavoro degli insegnanti di un terzo a costo zero. E soprattutto continuando a buttare i nostri soldi in opere faraoniche e in armi di distruzione scientifica.
Di fronte ad una vera e propria dittatura del profitto, a cui mai nella intera storia d'Italia si era mai arrivati, considerando che pure durante il fascismo uno stato sociale, pur demagogico e apologetico, fu mantenuto, che sta mietendo nel silenzio e nell'indifferenza centinaia di vittime destinate al suicidio, all'emarginazione, alla sottoccupazione, al precariato cronico, o peggio all'arruolamento nelle varie mafie, che ormai imperversano nel silenzio compiacente di istituzioni prostituite al verbo della ripulitura dei guadagni illeciti, ci si sarebbe aspettata una vera e propria insurrezione, una rivolta civile, con milioni di cittadini indignati, offesi e arrabbiati, che avrebbero dovuto essere continuamente in sciopero, occupando piazze, strade, città, luoghi di lavoro, scuole, senza soluzione di continuità e disposti a tutto, anche a farsi massacrare di botte, pur di non recedere dalla necessità di rivoluzionare un sistema marcio ormai fino al midollo.
Ma no, complici i sindacati di regime, ormai anche addestrati nel canile municipale in cui si insegna ad abbaiare e non mordere, pur di essere rimessi in circolazione, ad arruolare altri fedeli cani da guardia del sistema, complice una compagine politica piena zeppa di frughini, in fregola di posti, posticini e postarelli al sole, anch'essa risultato pietoso di quella mutazione antropologica degli italiani, già mirabilmente profetizzata dal poeta-profeta Pasolini per cui « Nel quartiere borghese c'è la pace di cui ognuno dentro si contenta, anche vilmente, e di cui vorrebbe piena di ogni sera l'esistenza. », non c'è stato e quasi sicuramente non ci sarà, non si sa per quanto tempo ancora, alcun moto concreto e generalizzato di sdegno ed alcuna volontà determinata di cambiamento.

Abbiamo solo visto un sussulto di dignità affacciarsi con una manifestazione in verità piuttosto sparuta ed in sordina, almeno rispetto a quelle che in questi ultimi mesi si sono ripetute in Europa e nei paesi più massacrati dalla crisi economica. Il No monti Day doveva essere il primo atto concreto di rinascita della sinistra italiana, ma, concretamente, esso è apparso più che altro come un timido affacciarsi e poi rientrare nella cuccia del guaito di un cagnolino già abbondantemente bastonato.
Morale della favola?
Ho sbagliato a credere di potermi impegnare in un qualsiasi partito italiano, lo ammetto con molta franchezza, se non altro per chiedere scusa a quel Carlo ventenne che, tanti capelli fa, e con grande entusiasmo e creatività giovanile percorse quelle strade intrise di rabbia e di passione che furono tempeste oceaniche, in confronto alle piccole mareggiate odierne, nei lontani ma indimenticabili mesi del settantasette.
Scusami tanto, Carlo, se ti ho forzato, più di 30 anni dopo, a fare scelte diverse da quelle che già allora avevi capito essere pienamente fallimentari, non avrei sinceramente dovuto, avrei solo dovuto limitarmi a scrivere, a testimoniare, ma non avrei mai dovuto mettere la mia firma sotto l'adesione ad un partito. Conto sul fatto che mi potrai un giorno perdonare, sapendo che anche gli uomini cosiddetti maturi, possono sbagliare, quando la loro vita entra nella selva oscura di un “mezzo del cammin”, in cui la diritta via si perde.
Angelo mio, custode delle mie speranze e dei miei sogni più puri anche se straziati, bastonati e sparati senza ritegno e pietà, allora come oggi, nei compagni ancora più coraggiosi, onesti e puri come Giorgiana Masi, come Walter Rossi, come i tanti della scuola Diaz, come i miei figli e studenti di oggi, pestati e massacrati sui marciapiedi, perdonami, sono solo un povero peccatore, fragile, che ha ceduto ad una misera illusione.
E che però si è svegliato e non cederà più, non si addormenterà, o meglio non si farà addormentare o narcotizzare nemmeno dall'ultima trovata “pataccara” della cosiddetta “rivoluzione civile”, blasfemia all'ennesima potenza di un gruppo di personaggi in cerca di autore, per il titolo di una commedia dell'assurdo..aspettando Godot, aspettando la sinistra, al suono del martelletto di un giudice: l'udienza è aperta, entrino i testimoni, il pubblico si alzi..si prega di fare silenzio..in aula.
Ma le aule sono deserte, anche se una schiera di fantasmi in fregola per la consueta fame di predelle e predellini, cerca disperatamente di affollarle.
E l'unico suono che le pervade è proprio quello del silenzio, anche se non tutti sanno ascoltarlo, anche se la maggior parte è affannata nel rumore mediatico, nella chiacchiera del web.

Perché dunque affannarsi, perché affrettarsi compulsivamente nella spasmodica ricerca dell'ennesima firma per entrare in quello che continua ad apparire come il castello dei fantasmi, specialmente con questa legge elettorale porcona e porcata che ha portato e non potrà che portare altri immancabili candidati alla norcineria parlamentare, a mostrare le loro appetitose frattaglie, magari mascherate da “società civile”, in un luogo di pochezza, di inerzia e soprattutto di corruzione?
Non chiedetemi dunque di raccogliere firme di condanna alla morte civile, non mandatemi più a fare una questua tanto inutile quanto infame. Non ammannitemi con la solita litania dei “mali minori”, non insultatemi con l'apologia del simulacro di un cadavere di democrazia.
Se volete incontrarmi, a viso aperto, sapete bene dove sarò, ancora una volta a camminare, fino all'ultimo respiro e fino all'ultima mia flebile voce, in quelle stesse strade e piazze in cui cominciai tanto tempo fa..una vita fa, ma una vita vera, non virtuale.
Adesso mancherebbe solo l'acuto finale, e quindi non posso che menzionarlo come m'è d'uopo.
Cosa sono mai un impegno, un cammino, un sacrificio, una strenua e magari dolente lotta rivoluzionaria senza la ricerca di una dimensione collettiva?
E soprattutto senza una esegesi profonda del cammino rivoluzionario?
Se ci si chiede, in definitiva, quale cammino rivoluzionario si debba intraprendere, non potrò che citare Carlo Rosselli, perché mai definizione di tutto ciò fu tanto azzeccata quanto la sua:
Chi accetta la impostazione rivoluzionaria della lotta, chi si elegge un compito così gigantesco come quello di rovesciare un potere dispotico saldamente costituito, non deve avere fretta. Il rivoluzionario che ha fretta che si scoraggia perché la vittoria non appare ancora vicina, che diventa facile preda del pessimismo, non è un vero rivoluzionario. Il vero rivoluzionario deve sapere sfidare il tempo, specie quando il tempo si misura ad anni, come nel caso di noi italiani. Dalla calma risoluta del rivoluzionario si misura la sua forza. Egli è tanto sicuro della bontà della sua causa che accetta con serenità il trascorrere degli anni e anche la propria morte prima che la battaglia sia vinta, nella certezza che altri la proseguiranno
La dimensione del vero cammino del rivoluzionario non si misura dunque a patacche elettoralistiche, talora sconfinanti addirittura nello scazzo querelante, come quello tra Sgarbi e Ingroia sulla parola “Rivoluzione” da appendersi al bavero, ma su un lavoro arduo, continuo e indefesso di risveglio della coscienza e delle energie necessarie a propiziare una azione consapevolmente e radicalmente rivoluzionaria, rispetto ad un perdurante stato di cose da cui ci si sente oppressi.

Ci si sente oppressi collettivamente, e quindi altrettanto collettivamente ci si dovrà emancipare, non potrò quindi che menzionare un altro grandissimo rivoluzionario della storia del Novecento: Ernesto Che Guevara: "Ricordatevi che ognuno di noi, da solo, non vale niente"
Bene, siamo arrivati al dunque: per intraprendere davvero un cammino rivoluzionario, non bisogna scoraggiarsi mai e non agire mai da soli.
Io, devo dire sinceramente, che solo agli albori del mio impegno, nel settantasette, non mi sono mai sentito veramente solo, perché allora si respirava una dimensione collettiva di rabbia, di rivolta e di volontà di cambiamento, anche senza appartenere a nulla, tanto meno ad un partito e ad una associazione, forse allora era Lotta Continua ad avere la fisionomia più vicina e più concreta di un autentico movimento rivoluzionario. Ma quella Lotta Continua di allora non c'è più, e francamente non ne vedo una simile nemmeno oggi.
Oggi esistono le nicchie, i “monasteri” rivoluzionari, come un tempo c'erano coloro che non potendo più contrastare la barbarie in armi, cercavano almeno di porvi un argine “spirituale”
Così anche oggi, muovendosi con attenzione, senza lasciarsi traviare dalla ricerca di una facile soluzione ad un approdo “mistico”, nel variegato panorama del “monachesimo spirituale” rivoluzionario odierno, ho trovato Utopia Rossa.
Utopia Rossa un tempo era una piccola abbazia rivoluzionaria, forse paragonabile a quelle cistercensi del Medioevo, ma ora sta diventando una vera e propria “universitas”, avendo allargato i suoi orizzonti in vari continenti in cui il “verbo” dell' “isola che, si badi non è che non c'è, ma non c'è ancora” si sta propagando rapidamente.
Grazie soprattutto all'infaticabile e abnegante cammino aperto dal suo abate priore Massari.
Grande, anzi, grandissimo nella sua straordinaria e carismatica missione, ma non meno fustigante quando all'orizzonte può spuntare un movimento ereticale come quello, ad esempio di Bandiera Rossa, frutto di un gruppo di “monaci fuoriusciti” ed itineranti, non meno ostinati nel cammino evangelico, tanto da avere una eco addirittura più vasta nelle visite del loro “monastero mediatico” di quelle di Utopia Rossa
I monaci, si sa, sono dediti alla contemplazione, a volte zappano l'orto, e per quello non è richiesta una mira infallibile, di cui il sottoscritto dall'Altissimo ha ricevuto dono beffardo, perché ce l'ho, ma non so proprio come usarla, a svantaggio di chi e a vantaggio di cosa, o meglio, un'idea precisa nel merito ce l'avrei ma, sempre osservando la massima di Guevara, per ora del tutto inapplicabile.
E prego sempre che il tempo e l'avanzare dell'età non ne riducano l'efficienza e l'effetto.

Or dunque, tali “monasteri” rivoluzionari molto di rado scendono in processione, almeno per far sentire al volgo la parola altisonante del Verbo dell'Altissimo Rivoluzionario, per scuotere anche a viva voce le coscienze addormentate, alla lotta di classe, ovviamente non dico a quella armata, perché potrei, rebus sic stantibus, incorrere in blasfemia o bestemmia.
E allora è già tanto essere ammessi come “novizi” al lungo tirocinio monacale, ovviamente sempre sorvegliato dall'Abate superiore, nel caso in cui il monastero si possa degnare di considerare il cammino del “peccatore” almeno un po' intenzionalmente confacente a quello dell'ordine supremo.
Più facile perdurare come “eretici” magari tollerati, ed esortati continuamente alla penitenza, piuttosto che sperare nella grazia suprema del vestimento talare.
Ma noi sappiano, nonostante ciò, che la Grazia dell'Altissimo (Sempre sia Rivoluzionario) è comunque sovrabbondante, che anche un povero e ostinato nonché brutto anatroccolo, un bel giorno avrà il suo canto, il suo assolo finale, magari anche solo sognando, e non essendo quel cigno che avrebbe ambito sempre di essere.
Il panorama rivoluzionario italiano è desolatamente mistico e altrettanto disorganicamente carismatico, e ciò vuol dire, in poche parole, che il cammino va intrapreso solo seguendo fedelmente quello degli abati priori, mettendosi, in itinere, in fila dietro di loro e sotto le loro ali, a covare le loro uova. Che, si badi, non si aprono nemmeno a Pasqua.
Inutile menzionare i nomi di tutti gli “abati” in Italia, talmente sono numerosi e vari, e purtroppo anche piuttosto bellicosi gli uni contro gli altri, quando dovrebbero esserlo invece insieme e contro lo stesso nemico.
Sarà forse per questo che una vera rivoluzione qui non c'è mai stata, e chissà mai se ci sarà.
Anche qui ci viene in aiuto Rosselli quando dice: “né l'ulcera al duodeno, né i carabinieri del re, e neppure l'intervento straniero, risparmieranno alle masse popolari italiane, nel loro insieme, l'ardua, lunga e spossante fatica di conquistarsi la loro libertà e di conquistarsela da sole; di conquistarsela conquistando il socialismo
Inutile quindi farsi venire anche solo le coliche da infervoramento mistico.

Senza quelle masse, senza provare a starci dentro almeno nelle occasioni in cui si affacciano nelle strade e nelle piazze, ogni prece sarà vana, ogni monaco o abate che sia, è destinato a perdurare nelle sue asfittiche giaculatorie.
Chi dunque dentro quelle strade, quelle piazze e quelle masse, quei luoghi in cui si sciopera, si occupa e si prendono anche delle sonore manganellate, c'è stato sempre e senza soluzione di continuità, magari più con la veste del giullare che con quella del monaco, forse avrà peccato, anzi sicuramente ha peccato, ma di sicuro non è mai stato solo. E se la salvezza è sempre il frutto maturo della condivisione, non dovrà certo disperare. Mai.
Ovviamente.. fino alla vittoria, sempre !
Carlo Felici


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