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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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mercoledì 4 gennaio 2012

Occupy Oakland: il blocco del Porto e oltre



di Jack Gerson
traduzione preziosa a cura del sito PonSinMor

Lunedì 12 dicembre, il movimento Occupy bloccava i principali porti della costa occidentale di Oakland, Portland, Longview (Washington) e Seattle. C'erano blocchi parziali o azioni di solidarie­tà ai porti di San Diego, Vancouver e Long Beach, come pure alle Hawaii e in Giappone. I Centri di distribuzione di Wal-Mart erano bloccati a Denver, Salt Lake City e Albuquerque. Altre azioni si sono verificate a New York, Houston, Tacoma e Anchorage. Le proteste di Seattle, Long Beach, San Diego e Houston sono state accolte con la violenza della polizia.
Queste azioni coordinate hanno mostrato che il movimento Occupy è ancora molto vivo, in barba ai vari sproloqui da parte dei boss, dei mass media e dei vari sinistri. Questo è certamente vero a Oa­kland, dove vivo. I quasi 10.000 manifestanti che hanno bloccato il porto hanno mostrato che lo sciopero del 2 novembre di Occupy Oakland e il Day of Action non sono stati un caso. Le azioni del 12 dicembre hanno scosso l'intero establishment di Oakland – Oakland aziendale, i politici libe­rali e i burocrati del lavoro che per anni hanno portato acqua al proprio mulino nonostante coltivas­sero un'immagine «progressista». E i blocchi dei porti lungo la costa hanno consegnato un messag­gio forte ai conglomerati marittimi del mondo: il movimento Occupy sarà un raduno di massa in aiuto alla difesa dei portuali a LongviewWA contro un attacco brutale anti-sindacale da parte di un conglomerato multinazionale.


Ancora avanti: convergenza di massa su LONGVIEW

I portuali di Longview, ILWU Local 21, effettuano il blocco in una lotta per la vita o la morte con la Export Grain Terminal Corporation (EGT). EGT è una joint venture tra tre conglomerati: la statuni­tense Bunge Nord America, la giapponese Tochu Corporation e la Sud-Coreana STX Pan Ocean. EGT ha appena speso 200 milioni di dollari per costruire un elevatore del grano altamente automa­tizzato al Porto di Longview. Sebbene EGT avesse firmato un contratto di locazione con il Porto, promettendo che si sarebbero fatti tutti i lavori di carico con manodopera ILWU, esso non onora quell'accordo. EGT ha cercato di assumere manodopera non sindacale e, quando quella è venuta meno, si è accordata con un altro sindacato, Operating Engineers Local 601, che è disposto a effet­tuare un raid contro ILWU 21 e attraversare le loro linee di picchetto.
EGT sta chiaramente utilizzando le tattiche delle guerre del lavoro dei campi di carbone degli anni Venti. Hanno assunto una «sicurezza» privata (come i sicari Pinkerton). Hanno arruolato poliziotti locali per minacciare, molestare e assalire i soci ILWU – pedinandoli in giro per la città e persino trascinandoli fuori dalle loro case nel cuore della notte.
Local 21 ha lottato. Nel corso della battaglia a Longview, i membri dell'ILWU e i loro sostenitori hanno bloccato i treni che trasportavano il grano al terminal e organizzato picchetti di massa per di­sturbare le sue operazioni. 220 dei 226 membri del Local sono stati arrestati. Le Federazioni del la­voro degli stati di Washington e dell'Oregon hanno approvato risoluzioni a sostegno della ILWU di Longview e di condanna degli Operating Engineers per le razzie e per l'attraversamento delle linee di picchetto della ILWU 21.
Questa dovrebbe essere una priorità centrale per l'AFL-CIO, perché se EGT riesce a bloccare la ILWU 21, essa stabilirà un precedente per l'azione anti-sindacale lungo la costa. L'AFL-CIO dovrebbe fornir­e sostegno materiale alla ILWU 21, dire agli Operating Engineers o di porre fine ai loro attacchi o an­dare incontro alla censura e all'espulsione. E dovrebbe mobilitarsi per uno sciopero generale con­tro l'azione anti-sindacale. Ma non accadrà nulla di tutto questo. Il Presidente dell'AFL-CIO Rich Trum­ka non intende prendere posizione né agire. Trumka definisce questa una «dispu­ta giurisdiziona­le». In effetti, la leadership dell'AFL-CIO, – e non solo i suoi massimi dirigenti, ma la maggioranza dei funzionari locali e il personale compreso – ha per decenni trafficato nell'ambito della «concerta­zione» in collabo­razione con il management. Fondamentalmente, essi credono che non esista alcuna alternativa al capitalismo. Così, quando il sistema è in crisi, cercano di costringere i lavoratori ad ac­cettare passivamente l'austerità (tagli dei posti di lavoro, degli indennizzi, delle pensioni e della sicu­rezza sociale, e dei servizi pubblici). In questo modo, invece di guidare l'organizzazione della massa unita, essi attaccano ognuno il sindacato degli altri mentre complessivamente gli iscritti al sindacato diminuiscono fino a raggiungere a malapena uno su dieci lavoratori.
Uno scontro è imminente. EGT ha in programma di introdurre la sua prima nave a metà gennaio. Così con Trumka e l'AFL-CIO seduto sulle loro mani, che cosa si può fare? Qui è dove il movi­mento Occupy può svolgere un ruolo. Il 17 dicembre, Occupy Longview, che ha stretti legami con l'ILWU 21, ha richiesto una convergenza di massa su Longview a gennaio per bloccare le operazio­ni di carico della nave EGT. Il 21 dicembre, Occupy Oakland ha votato a maggioranza schiacciante (123 – 2) di rispondere alla richiesta di Occupy Longview organizzando un convoglio per Long­view. Gli organiz­zatori di Occupy stanno facendo una previsione di ben oltre 10.000 – forse anche ol­tre 25.000 – occu­panti che scendono su Longview da tutto il circindario della costa occidentale. E, a differenza del Pre­sidente della ILWU Internazionale McEllrath (che si opponeva al blocco del por­to il 12 dicembre da parte di un «gruppo esterno che cerca di anticipare un più ampio ordine del giorno»), il Presidente del­la ILWU locale 21 Dan Coffman accoglie con favore l'aiuto offerto dal mo­vimento Occupy. Questa la dichiarazione di Coffman: «A nome della Locale 21, vogliamo ringra­ziare il movimento Occupy per la luce che getta sulle pratiche di EGT e per l'ispirazione dei nostri membri»
Oltre alla convergenza su Longview, Occupy può sostenere e aiutare a estendere il coinvolgimento ai mi­litanti di base della ILWU che stanno sollecitando la International allo sciopero di tutta la costa occi- d­entale, quando arriva la nave EGT – e, se McEllrath non intende effettuare la richiesta, allora la gente del posto e la base dovrà organizzare un sciopero a gatto selvaggio di tutto il litorale. Ricor­diamoci che in casi significativi – anche se di fatto infrequenti –, le ILWU locali (e, in casi ancora più rari, l'intera ILWU della Costa occidentale) – hanno agito a dispetto del contratto e del divieto di bloccare i porti, persino senza l'incitamento del gruppo di attivisti («esterni») dei picchetti . (Per citare tali istanze: il boi­cottaggio di 11 giorni della nave da carico sudafricana notoriamente salutata da Nelson Mandela; un blocco di un turno della costa occidentale in solidarietà a Mumia; un giorno di sciopero contro la guer­ra; un blocco a Los Angeles in solidarietà con i portuali australiani ; e uno sciopero del traghetto Puget Sound in spregio delle ingiunzioni. Bloccando i grandi porti di Oa­kland, Portland e Seattle, hanno otte­nuto l'attenzione dell'industria marittima del mondo. Bloccare i megaporti gemelli di Long Beach/Los Angeles significherebbe infliggere un duro colpo: Long Beach/Los Angeles gestiscono il 40% delle spedizioni di questo paese, quasi dieci volte tanto quanto il porto di Oakland.
Quindi noi crediamo che la ILWU possa vincere questa battaglia immediata. Ma ci vorrà molto più a vin­cere la guerra a lungo termine. Prima di tutto, occorrerà individuare la vera natura di tale guerra. Oggi i porti lungo la costa sono automatizzati e i portuali sono i meglio pagati ma costituiscono uno dei gruppi numericamente più piccoli dei lavoratori del porto. Nel frattempo, la maggior parte degli operai nume­rosi al porto – i camionisti del porto – sono di gran lunga i più mal pagati, i più sfruttati, e sono comple­tamente disorganizzati (costretti a lavorare come contraenti individuali). Non può esserci una vittoria a lungo termine per i lavoratori del litorale senza organizzare i camionisti disorganizzati del porto. D'altra parte, più di quarant'anni fa, la ILWU accettò offerte riguardanti la containerizzazione/ automazione che garantivano alti salari, benefici e sicurezza del lavoro in cambio dell'accettazione di pesanti riduzioni di posti di lavoro mentre quei lavoratori andavano in pensione. La ILWU è stata fin troppo contenta di fare affidamento su questo accordo, piuttosto che procedere aggressivamente in sostegno e aiuto ad organiz­zare i camionisti del porto. Così anche se la Locale 21 di Longview sta combattendo con spirito militan­te contro EGT e sta estendendosi in sostegno al movimento Occupy, la ILWU International mostra un interesse zero nell'organizzare o altrimenti combattere per i camionisti. Tale organizzazione rimane es­senziale. Per far questo non dobbiamo guardare alla ILWU International. I nostri nemici tentano di giocare su questa debolezza per esacerbare le divisioni. Così, dalla signora sindaco di Oakland Jean Quan:
«Le persone che intendono rimanere nel porto - hanno famiglie con camion e, a causa della crisi economica, possono perdere quei camion? - Paga giornaliera di 600-700 $ - potrebbe essere la differenza se possono mantenere quel camion o no.»
Quan è in malafede: la maggior parte dei camionisti percepisce al netto meno di 100 $ al giorno per l'arco di una lunga giornata – spesso ancor meno di 50 $. Ma lei sta prendendo in giro un malato, ed è quel malato che possiamo permetterci di ignorare.
Cerchiamo di essere chiari. Occupy non ha ignorato i lavoratori portuali. Infatti, i camionisti del porto nella comunità Latina di Los Angeles furono i primi a chiedere un'azione sul porto il 12 di­cembre, quando hanno votato di astenersi dal lavoro per quel giorno, che è una vacanza culturale della comunità Latina. In solidarietà con loro, Occupy LA votò per bloccare i servizi di manuten­zione del porto per la compagnia di navigazione SSA, in parte di proprietà di Goldman Sachs. Oc­cupy Oakland allora si unì al loro appello ampliandolo, convocando un arresto dei porti della costa occidentale in solidarietà con i camionisti e con gli scaricatori della ILWU Local 21 in serrata a Longview, e di interrompere la catena di profitto di Goldman Sachs e di «Wall Street on the Water».
All'evento, i camionisti portuali LatinoAmericani non furono in grado di ripetere il loro successo di sciopero a gatto selvaggio del 1° maggio 2006, quando organizzarono in modo efficace un nume­ro significativo dei più di 15.000 camionisti portuali della California meridionale per bloccare le ope­razioni della LA/Long Beach. Tuttavia, i blocchi pienamente riusciti del porto di Oakland e quelli di Washington e dell'Oregon hanno focalizzato completamente l'attenzione sulla lotta dispera­ta a Longview.
Ma il lavoro organizzato ha ignorato i lavoratori portuali. E lo stesso movimento Occupy ha evitato di impegnarsi ad organizzare i lavoratori. Esso non è istruito circa la necessità di organizzare i di­sorganizzati, e i leader del movimento Occupy hanno scoraggiato gli sforzi per educarli interna­mente ed organizzarli esternamente intorno ad un insieme di richieste concrete che potrebbero par­lare alle esigenze dei disorganizzati e garantire loro che i lavori organizzati sono lavori dignitosi. Questo lascia una tale attività di organizzazione alla mercé della burocrazia del lavoro. Può Occupy sostenere e approfondire un movimento di massa su questa base? Senza almeno discutere questa domanda e senza sviluppare una strategia, il movimento Occupy è obbligato ad agire come un va­sto movimento di «solidarietà»: impegnarsi in episodiche azioni di massa dirompenti seguite da set­timane di calma in cui l'organizzazione rallenta per segnare il passo mentre si sta in attesa di nuove lotte a supporto e/o di nuove occasioni di azione diretta dirompente; sostenere lotte altrui e richieste dall'esterno. Questo lascia Occupy vulnerabile alla natura di queste lotte e al contenuto di tali ri­chieste. Per essere chiari: non sto proponendo che il movimento di Occupy nel suo complesso adot­ti una serie di richieste dettagliate e si proponga di organizzare i disorganizzati. (Penso che Occupy tragga molta forza, rimanendo sostanzialmente un ampio fronte unito sotto l'ombrello generale del sentimento di giustizia economica e dell'anticapitalismo). Tuttavia credo che raggruppamenti all'in­terno del movimento Occupy dovrebbero farlo – e che questa dovrebbe essere una priorità per i gruppi Occupy oltrepassare il lavoro.


Una lezione per la Sinistra:
Occupy Oakland non è sceso a patti coi democratici

Il movimento Occupy – e specialmente Occupy Oakland – ha dimostrato una notevole resistenza e un'abilità quasi senza precedenti nel mobilitare ripetutamente azioni di massa contro l'ingiustizia economica e la brutalità della polizia. Molti di noi hanno sottovalutato questo movimento. I blog di sinistra sono pieni di affermazioni del tipo«Occupy Oakland è morto» e moniti circa il fatto che Occupy stia scendendo a patti coi liberali, coi Democratici, con le burocrazie del lavoro, e che, a meno che non si segua questa o quella formula, il fallimento è assicurato. Se vogliamo essere presi seriamente da questo movimento – e, magari più nello specifico, se vogliamo capirlo e aiutarlo a progredire – dobbiamo anzitutto capire che il movimento non sta aderendo alle nozioni preconfezio­nate dei socialisti della vecchia guardia. Inoltre, è andato ben oltre le nostre aspettative. E, nono­stante i problemi, continua ad agire indipendentemente dai Democratici e dai burocrati. Il suo solido messaggio anticapitalista, per quanto rudimentale, infatti, e la sua notevole abilità di mobilitare pro­teste di massa disgregatrici, hanno lasciato piutto­sto disorientate e stupite le autorità di Oakland.
Nelle settimane anteriori al blocco dei porti della costa occidentale, le autorità di Oakland hanno messo in atto quello che, probabilmente, è il maggiore sforzo volto a sconfiggere la solidarietà tra lavoratori dalla campagna denigratoria nei confonti del sindacato del PAC (Controllori Professioni­sti di Volo) nel 1981. Forse il segnale più importante relativo all'importanza del blocco portuale nei confronti degli interessi marittimi mondiali, è stata la decisione del Porto di Oakland di apporre un avviso nelNew York Times (a 3000 miglia di distanza, ma nel cuore di Wall Street). I politici ex ra­dicali, della sinistra liberale, che governano la città di Oakland, nonché i loro amici di vecchia data e alleati poli­tici nelle locali burocrazie sindacali, sono corsi in difesa del corporazioni finanziarie e commerciali. Il sindaco Jean Quan, ex maoista, s'è scagliato contro il movimento (inveendo verso «la violenza economica... un piccolo gruppo di persone terranno questo porto, questa città, in ostaggio economi­co»). Il Commissario portuale e l'esponente del locale assessorato al lavoro Victor Uno, insieme a sua moglie Josie Camacho (segretaria-tesoriera del locale consiglio centrale del lavoro), hanno af­fermato che un blocco portuale avrebbe portato difficoltà ai lavoratori dei porti, agli autisti portuali, e al resto degli operai. Il presidente della ILWU, Bob McEllrath, minacciando neanche tanto velata­mente di atti legali da parte della Goldman Sachs (partner del gruppo commerciale SSA e bersaglio del movimento Occupy), ha inviato una lettera di avvertimento ai membri della ILWU: «aiutare è una cosa. Gruppi esterni che provano ad avanzare richieste più avanzate è un'altra, ed è qualcosa di distruttivo nei confronti del nostro processo democratico».
Ma la loro campagna è fallita, e il loro fallimento li ha colti di sorpresa. I poliziotti hanno stimato che almeno 300 manifestanti avrebbero tentato di bloccare il porto. Ma alla fine si sono presentati 1000 persone pronte a picchettare il Porto di Oakland per bloccare il turno di mattina, e quasi 10.000 per bloccare il turno pomeridiano. Ora, Occupy Oakland ha organizzato la più grande mani­festazione militante di massa degli ultimi quarant'anni, colpendo le corporazioni di Oakland e so­spendendone gli affari. E lo ha fatto diverse volte. 
Questo ha gettato allo scoperto il vero ruolo dei politici ex radicali che governano la città di Oa­kland e i loro amici di vecchia data nonché gli alleati nella locale burocrazia sindacale. Tutti questi «progressisti» agiscono sulla base del fatto che il benessere di Oakland poggi sul benessere degli af­fari di Oakland – specialmente sul porto, sui costruttori e sulle banche. Quindi per loro, qualsiasi cosa metta i bastoni fra le ruote agli affari colpisce gli abitanti di Oakland. Per questo Quan afferma che bloccare il porto è sinonimo di «violenza economica» che «tiene la città in ostaggio», e i mem­bri del Consiglio cittadino gli fanno eco. Naturalmente, nel contesto dell'attuale crisi globale che si sta aggravando, non ci sarà fine alle loro richieste di tagli, licenziamenti e tasse nei confronti della città. Il movimento Occupy ha sfidato questo postulato, e i politici si sono barricati sulle loro posi­zioni. La loro elezione poggiava sulla loro immagine di «sinistra», ma per anni sono state pedine dei pa­droni delle corporazioni. Occupy li sta spingendo a scegliere: da che parte state? I burocrati del la­voro, che hanno abbracciato per decenni il «gioco di squadra» (la concertazione, ndt) collaboran­do coi padroni, sono nella stessa trappola.
Di conseguenza, si stanno sviluppando crepe nella congiura «progressista» nel momento in cui gli alleati di sempre di Quan tengono i piedi in due staffe. Così, il compagno di vecchia data di Quan, Dan Siegel, ha dato le dimissioni come suo consigliere legale proprio per prendere le distan­ze dal­l'autorizzazione data da Quan ai poliziotti a usare violenza lo scorso ottobre. La Presidentessa della Education Association di Oakland, Betty Olson-Jones, un'altra alleata e amica personale, ha so­stenuto il blocco del porto (la OEA è stata l'unico sindacato a supportare l'azione del 12 dicembre). Il lo­cale consiglio del lavoro ha condannato il fatto che Quan abbia autorizzato i poli­ziotti all'uso della violenza nei confronti del movimento Occupy, e ha dichiarato che lei è «dal lato sbagliato del­la sto­ria». Sharon Cornu, uno dei pezzi grossi del locale Partito Democratico nonché ex capo del lo­cale consiglio del lavoro, ha dato le dimissioni da Vice Sindaco. Per stare tranquilli, con­tinuano a restare coi piedi su due staffe: così, a pochi giorni dal blocco del porto, Olson-Jones era un afferma­to spea­ker a un incontro di massa organizzato per tentare di salvare la carriera di Quan; pochi giorni dopo tenne una conferenza stampa per spingere i lavoratori a «dare un'altra possibilità al Sindaco»così da «far sì che possa portare lavoro a Oakland»; Cornu continua ad approvare la ge­stione di Oc­cupy Oa­kland da parte di Quan.
Dunque, Occupy non è capitolato di fronte ai politici liberali. Ma non pone neanche un'alternati­va politica alla loro leadership. Occupy rimane una forza potente, ma il suo potere risiede esclusiva­mente nella sua abilità di mobilitare azioni di masse ma episodiche. Il movimento evita cosciente­mente ogni azione politica. Se non cambierà nulla, questo farà sì che la leadership politica verrà ce­duta a una o all'altra rappresentanza dei capi. Che il movimento Occupy adotti o meno uno specifico modello di azione politica, è importante che il movimento almeno comprenda l'importanza di com­binare azioni politiche di massa con azioni dirette di massa, e che crei spazi e opportunità per chi vi partecipa di raggiungere tale obiettivo.

Così come Occupy non è sceso a patti coi politici liberali, cosi pure non è capitolato di fronte alla burocrazia del lavoro. Ad ogni modo, è un fatto che molti della commissione lavoro di Occupy Oa­kland siano membri dalla vecchia «sinistra lavorativa», che include parecchie persone che hanno fat­to carriera a braccetto con la burocrazia lavorativa locale e coi politici «pro­gressisti». Questo è uno dei fattori che hanno portato molti, anche me, a concludere, erroneamente, che i «progressisti» ave­vano preso il potere o, perlomeno, che la sottomissione a loro fosse quasi completa. Di sicuro, c'è qualche problema. La cosa più importante, forse, è stata la tendenza ad orientarsi eccessivamente verso la burocrazia lavorativa. Questo è venuto alla luce chiaramente quanto i leader di Occupy Oa­kland hanno insistito nel trattare la burocrazia locale come partner alla pari degli altri nell'organiz­zare un incontro «Occupy/Lavoro» e nel marciare verso il 19 novembre. Hanno usato il termine «la­voro», «lavoro organizzato» e«leadeship lavorativa» come sinonimi, e non sono sembrati accorger­si del fatto che, a parte in rari casi, la burocrazia non può o non vuole mobilitare i propri membri. Così, anche se un certo numero ha manifestato il giorno 19 novembre – e per quanto molti funzio­nari del lavoro hanno parlato in quell'incontro, non fu per niente una «ma­nifestazione del lavoro» – c'e­rano solo due o tre contingenti lavorativi nella manifestazione, ognuno di meno di 10 perso­ne. Que­sto ha aiutato i funzionari del lavoro locale a rafforzare l'immagine che ostentano alla loro base, senza mobilitare la base e senza cambiare in alcun modo la loro collaborazione a lungo termi­ne con il management.
Tuttavia il movimento Occupy non ha avuto una capitolazione di fronte alla burocrazia del lavo­ro. Se non ci si rende conto di questo, non si può davvero capire il blocco dei porti del 12 dicembre, quando solo un sindacato (OEA) ha supportato quest'azione e tutto il potere delle corporazioni di Oakland e la maggioranza della burocrazia lavorativa era diretta contro Occupy. Al contrario: la di­rezione dello spezzone lavo­rativo di Occupy Oakland continua ad essere largamente dominata dallo zoccolo duro dell'«insurre­zionalismo anarchico» che è stato il motore dietro le quinte di tutto il mo­vimento Occupy Oakland sin dagli inizi di ottobre. Quella direzione rimane per organizzare azioni dirette di proteste di massa dirompenti, e ci sono poche prove che essi hanno modificato il loro ap­proccio per tener conto dei funzionari del lavoro o dei politici. Gli insurrezionalisti non sono sul punto di capitolare di fronte ai progressisti, perlomeno non nel prossimo futuro.
Ma mentre non c'è stato uno scendere a patti con la burocrazia lavorativa, molta parte dello spez­zone lavorativo di Occupy s'è orientata verso la leadership sindacale. Gli interessi e le azioni dei la­voratori non sono aderenti alle elette burocrazie dei loro sindacati, particolarmente a livello Interna­tional. Quelli International, e molti Local, sono integrati all'interno del Partito Democratico e agi­scono come agenti dell'ideologia dominante governativa e gestendo l'azione dei militanti. Così, come abbiamo già detto, il movimento lavorativo non può spingersi avanti senza un'aggressiva campagna che organizzi chi è disorganizzato e che provveda lavori con una paga adeguata e condi­zioni di la­voro decenti. Questo, semplicemente, non accadrà durante le iniziative della burocrazia lavorativa, infatti loro cercheranno di demolire tale proposta o provare a incanalarla verso una cam­pagna volta ad organizzare i confusi verso putridi contratti di solidarietà. È molto importante essere chiari su questo, perché senza tale chiarezza Occupy, inevitabilmente, «darà a Cesare quel che è di Cesare», ossia finirà per trattare la burocrazia del lavoro come se rappresentasse gli interessi dei la­voratori organizzati, invece che quelli dei Democratici, dello stato e – infine – dei padroni.





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