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sabato 17 settembre 2011

FEMMINISMO RIVOLUZIONARIO E IDENTITA’ MASCHILI di Marco Piracci


FEMMINISMO RIVOLUZIONARIO E IDENTITÀ MASCHILI:
LA NECESSITÀ DI UN CONFRONTO
di Marco Piracci

Data l'importanza e l'ampiezza dell'argomento trattato, questo articolo vuole essere solo un semplice incipit ad un approfondimento più ampio e specifico. Sulla necessità di confronto e d'unificazione tra il movimento femminista rivoluzionario e le nuove identità maschili è stato detto molto poco. Con questo articolo mi auguro di riuscire a stimolare il più possibile la discussione.
Il femminismo è di fatto, un movimento complesso ed eterogeneo, che si è sviluppato con caratteristiche peculiari in ogni paese ed epoca. Sono molteplici le autrici che hanno contribuito a definire e ri-definire il concetto di femminismo e le pratiche politiche ad esso connesse. Al suo interno ci sono dunque diverse posizioni e approcci teorici, tant'è che ad oggi alcune studiose, teoriche e/o militanti femministe parlano di femminismi. In particolare esistono teorie contrastanti riguardo l'origine della subordinazione delle donne ed in merito al tipo di percorso che dovrebbe essere portato avanti per liberarsene: se lottare solo per le pari opportunità tra uomini e donne, se criticare radicalmente le nozioni di "identità sessuale" e "identità di genere", oppure, se eliminare alla radice i ruoli e quindi tale subordinazione. Proprio quest'ultima proposta che rimanda ad una trasformazione radicale della società, caratterizza buona parte del femminismo rivoluzionario e si lega inevitabilmente a un'emancipazione anche maschile.
L'oppressione del modello sociale patriarcale continua a dispiegare la sua forza. Il bisogno di liberarsi da tale oppressione, e il legame necessario ad una lotta di liberazione più ampia che investa necessariamente non solo il genere femminile ma anche quello maschile, è stato bene messo in luce da Hebert Marcuse ed Erich Fromm. In particolare quest’ultimo ha illustrato quanto e come l'ideologia oppressiva capitalistica si leghi al patriarcato. La necessità di liberarsi da tale canale di potere opprimente rimanda alle capacità umane di liberarsi dalle pressioni della cultura dominante. L'opera "L'arte d'amare" sottolinea proprio come molti aspetti propri dell'amore siano insiti nella donna (nelle sue caratteristiche biologiche, ancor prima di quelle sociali):

Al di là dell'elemento del dare, il carattere attivo dell'amore diviene evidente nel fatto che si fonda sempre su certi elementi comuni a tutte le forme d'amore. Questi sono: la premura, la responsabilità, il rispetto e la conoscenza. L'amore è premura soprattutto nell'amore della madre per il bambino. Noi non avremmo nessuna prova di questo amore se la vedessimo trascurare il suo piccolo, se lei tralasciasse di nutrirlo, lavarlo, curarlo; e restiamo colpiti dal suo amore se la vediamo assistere il suo bambino (1) ”.

Anche nella sfera sessuale, la donna deve sviluppare una forma d'amore volta all'accettazione dell'altro, al suo accoglimento. Lei dà attraverso il ricevere. Questo aspetto investe e può caratterizzare il comportamento a livello sociale:

“L'esempio più elementare sta nella sfera del sesso. Il culmine della funzione maschile è l'atto di dare; l'uomo dà se stesso, il suo organo sessuale, alla donna. Nel momento dell'orgasmo le dà il suo seme [...]. Per la donna il processo non è diverso anche se in un certo senso più complesso. Anche lei si dà; apre tutto il suo essere; nell'atto di ricevere, dà. Se è incapace di questo atto di dare, se può solo ricevere, è frigida. L'atto di dare si ripete, per lei, oltre che nella sua funzione di amante, in quella di madre. Dà al bambino che cresce in lei, dà il suo latte al neonato, gli dà il suo calore fisico (2)
Ma sono mai esistite società improntate alle caratteristiche specifiche dell'essere donna? La risposta è si e gli esempi sono numeri. Basta sfogliare libri divenuti ormai classici come "Il matriarcato" e "Il simbolismo funerario degli antichi" di Johann Jakob Bacophen o "L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato" di Friedrich Engels. E' proprio quest'ultimo ad affermare:

Il rovesciamento del matriarcato segnò la sconfitta sul piano storico universale del sesso femminile. L'uomo prese nelle mani anche le redini della casa, la donna fu avvilita, asservita, resa schiava delle sue voglie e semplice strumento per produrre figli (3) “ .

Nel primo paleolitico, caratterizzato da un' economia basata sulla raccolta e ,secondariamente, sulla caccia, non esiste ancora la famiglia modernamente intesa, né subordinazione all'uomo della donna che viene anzi onorata come fonte di vita e di fecondità:

l'amministrazione comunistica nella quale le donne, per la maggior parte, se non tutte, appartengono a una medesima gens, mentre gli uomini provengono da diverse gentes, è il fondamento oggettivo del predominio delle donne, generalmente diffuso all'epoca delle origini (4)”.

Oggi, la letteratura che si occupa di società primitive improntate alle caratteristiche femminili sta conoscendo una piacevole diffusione. A titolo di esempio, si citano gli interessanti volumi di Luisa Muraro "L'ordine simbolico della madre", Sara Morace "Origine donna" e James Frazen "Matriarcato e dee madri".
Sfortunatamente però, l'apporto di questi scritti rimane inspiegabilmente assente da molti altri testi di riferimento del pensiero femminista. C'è insomma una curiosa rimozione: si parla di transizione al patriarcato senza illustrare da dove si transita, di società semi-patriarcale senza soffermarsi sulla parte non patriarcale, di predominio della famiglia o clan patriarcale senza illustrare le forme che hanno guidato questa instaurazione. Ad esempio ne "Il secondo sesso" di Simone de Beauvoir, da cui molti filoni teorici del femminismo contemporaneo prendono spunto, emergono in maniera limpida queste lacune:

“[...] atta a evocare le larve ancestrali e a nutrirle nel seno, ella ha anche il potere di far scaturire dai campi seminati i frutti e le spighe. In ambedue i casi non si tratta di un'operazione creatrice ma di un rito magico. E sono i misteriosi effluvi sprigionati dal corpo femminile che attirano in questo mondo le ricchezze nascoste dalle sorgenti misteriose della vita. Tali credenze sono ancora vive oggi in numerose tribù di Indiani, di Australiani, di Polinesiani (5) “.

In realtà, nella cultura accademica, la scuola si fa iniziare dall'apparizione dei documenti scritti. I primi esempi di scrittura risalgono al 3.000 a.C. e furono prodotti in Egitto e Mesopotamia. Nata da esigenze relative al commercio, la scrittura venne rapidamente utilizzata per regole e leggi. E' oggi indubbio che la scrittura sia comparsa in una fase già avanzata dello sviluppo sociale nel quale è comparsa una classe che detiene il potere e specialisti che ne regolano gli affari. Tale fase marca indubbiamente un punto di passaggio di un processo avviato alcuni anni prima. Se si considera però che l'homo sapiens-sapiens è comparso circa 100.000 anni fa si può fare un paragone tra la storia ufficiale e la storia reale della nostra specie. Questa storia reale comprende passaggi fondamentali come lo sviluppo di una cooperazione per sopravvivere, la creazione degli strumenti per procurarsi cibo e riparo. E' nella preistoria che si è inventato il linguaggio. Come sottolinea Sara Morace nel suo "Origine donna":

Abbiamo a disposizione un'infinità di residui durevoli della cultura materiale e metodi di datazione che con l'analisi al radiocarbonio hanno corretto molti errori del passato e aperto strade potenzialmente rivoluzionarie nella ricerca. In teoria possiamo conoscere un'infinità di dettagli sulla vita di un aggregato umano della preistoria applicando in maniera coordinata tutte le discipline e tutte le tecnologie a disposizione con un vero lavoro d'equipe sul campo (6) ”.

Quello che mi preme qui sottolineare, è che proprio queste caratteristiche femminili improntate all'amore, possono ritrovarsi in numerose nuove identità maschili. Fino a poco tempo nessuno pensava di mettere in discussione "l'uomo". La mascolinità doveva essere di per sé evidente e naturale.
Ma ciò che negli ultimi cinquant'anni è accaduto in tutto l'Occidente ha mandato in pezzi quell'evidenza millenaria: la lotta di liberazione femminile ha costretto fortunatamente gli uomini a ripensarsi. L'identità maschile contro cui il movimento femminista si è mosso, è andata profondamente in crisi. Lo attestano non solo migliaia di ricerche di psicologi e medici, ma anche l'evidenza percepibile in ogni momento della vita quotidiana (7) . E' in questa trasformazione che devono inserirsi le prospettive di cambiamento della società in senso egualitario. E' in questo processo che occorre inserire una prospettiva di trasformazione radicale della società. Occorre ripensare sia l'identità maschile che quella femminile in funzione di una prospettiva di liberazione generale.
Una liberazione femminile improntata ai valori del capitale che cammini di pari passo con lo sfruttamento sociale, non sarebbe una reale liberazione femminile. Non lo sarebbe per molteplici motivi.
Il capitale richiede un' uniformazione al suo potere. La mercificazione del corpo, la costrizione ad apparire, al conformismo con i criteri dominanti, ai modelli di bellezza estetici del momento è semplicemente schiavitù.
La libertà dei sessi di gestire il potere, è una libertà che rinnega proprio i valori insiti nella natura femminile. Se la donna rinuncia alla dolcezza, alla premura, all'amore per il prossimo, rinuncia alla sua vera liberazione. Se non trascina l'uomo verso un modello di società femminile così intesa, non perde solo la sfida che la storia le pone davanti. Perde qualcosa di più grande. Di molto più grande. Perde la sua dignità e la sua natura. Perde la sua liberazione.

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NOTE


(1)Erich Fromm, L'arte di amare, Il saggiatore1971, p.41.
(2) Ibidem, p.38.
(3) Friedrich Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Samonà e Savelli, p. 84
(4) Ibidem, p. 76.
(5) Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, Il saggiatore 1979, p.98.
(6) Sara Morace,Origine donna. Dal matrismo al patriarcato, Prospettiva edizioni, 1997, p.27.
(7) Per un approfondimento si rimanda al libro di Elisabeth Badinter, L'identità maschile, Longanesi & C., 1998.

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